Nonostante le rappresentazioni mediatiche molto diffuse delle difficoltà che avrebbero avuto, neppure tanto dietro le quinte, la premier Giorgia Meloni, il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto a definire i particolari del decreto sugli aiuti da mandare all’Ucraina senza compromettere l’appoggio del vice premier leghista Matteo Salvini; nonostante questo, dicevo, non credo che ciò sia stata la vera o principale causa del ricorso all’ultima riunione del Consiglio dei Ministri dell’anno per definire il provvedimento. “Mi tocca rivedervi ancora”, ha detto personalmente la Meloni ai colleghi scambiandosi i regali e auguri natalizi nella penultima seduta del Consiglio, scatenando ulteriormente la fantasia dei retroscenisti in deficit di umorismo.
Propendo a credere di più a Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario di fiducia della Meloni, forse più ancora del pur più alto in grado che è Alfredo Mantovano. Egli giorni fa, camminando sotto la pioggia e lo stesso ombrello con un giornalista, gli assicurava che il decreto sul nuovo carico di aiuti all’Ucraina era già pronto e sicuro. E dava poca importanza agli umori o malumori dei leghisti gonfiati dalle cronache anche per gli apprezzamenti che si guadagnavano a Mosca.
Attribuire piuttosto ad una scelta di scena, di regia e simile quella della Meloni di avere voluto chiudere l’anno in Consiglio dei Ministri martedì prossimo con la politica estera. Che è quella che l’ha vista muovere meglio per tutto il 2025 con riconoscimenti generali, anche all’estero e al netto delle solite proteste loggionistiche. La politica internazionale, abbinata alla stabilità di un governo inusualmente in carica da più di tre anni nella storia della Repubblica italiana, è stata quella che ha dato maggiore soddisfazione alla premier, forte anche della sponda sempre trovata al Quirinale, visibile anche nella cordialità dei suoi incontri col Capo dello Stato.
Ho trovato pertanto un po’ singolare, diciamo pure sorprendente, che un uomo ormai più delle istituzioni che della politica come Marcello Pera, già presidente del Senato, conversando con Augusto Minzolini, il giornalista più navigato, direi, nei palazzi della politica, si sia lamentato di una certa invadenza del presidente della Repubblica negli affari internazionali.
“E pensare -ha detto Pera- che una volta il Capo dello Stato non poteva andare in giro se non accompagnato da un ministro o da un sottosegretario”, come se ciò non accadesse più. “Ormai -ha insistito l’ex presidente del Senato- l’organismo che decide la politica estera è il Consiglio Supremo di Difesa”, che si riunisce al Quirinale. “Una volta lì dentro c’erano i generali, ora invece i consiglieri del Presidente. E nessuno dice niente. Invece se qualcuno parlasse ci sarebbe più attenzione a non superare i limiti, visto che si tratta appunto di anomalie”, ha infierito Pera. Il riferimento ai “consiglieri” al posto dei “generali” è allusivo, direi, a Francesco Saverio Garofani, segretario generale di quel Consiglio, scambiato di recente nelle cronache per un complottista, addirittura, contro il governo cenando con amici sportivi in un ristorante romano con vista su Piazza Navona.
Pubblicato sul Dubbio
Ripreso da http://www.startmag.it
Lascia un commento