Da Moro a De Gasperi, i fantasmi evocati per immaginare un’altra Meloni

         Dopo la Meloni “morotea” criticamente immaginata dal Foglio leggendone, in particolare, la politica estera nella parte in cui la premier italiana riesce a farsi piacere da Trump oltre Atlantico e da Orban in Europa abbiamo dunque la Meloni “degasperiana” intravista oggi sul Corriere della Sera da Ernesto Galli della Loggia. Ma soltanto intravista, mancandole ancora qualcosa, diciamo così, come vedremo, per essere davvero la versione femminile del presidente del Consiglio fra i più bravi che l’Italia abbia avuto dopo il Camillo Benso di Cavour. Al quale invece Marco Travaglio, per fortuna senza i titoli accademici di Galli della Loggia, ha paragonato Giuseppe Conte. Di cui naturalmente sogna, forse più dello stesso interessato, il ritorno prima o dopo a Palazzo Chigi.

         Di De Gasperi lo storico editorialista del Corriere della Sera ha visto nella Meloni la fortunata coincidenza di avere  portato inattesamente al vertice del governo la propria forza politica: fu la dc per De Gasperi, è la destra per la premier in carica, Un De Gasperi -ha ricordato Galli della Loggia- definito “clericofascista” dai suoi avversari di sinistra, nonostante -aggiungo io- si fosse scontrato col Papa di turno, sino a non esserne ricevuto a dispetto, per essersi opposto all’operazione attribuita a Luigi Sturzo, o almeno alle sue simpatie, di un’alleanza fra democristiani e missini a Roma per difendere il Campidoglio dalla prospettiva di un sindaco di sinistra.

         Mancherebbe invece alla Meloni, o mancherebbe ancora per essere completamente avvertita come degasperiana, “il salto necessario per diventare padrona indiscussa della sua coalizione e insieme -le due cose sono evidentemente collegate- allargarne i confini, sfondare con il suo partito il limite elettorale del 30 per cento, acquisire la statura di un’effettiva leader nazionale, diventare la guida di un vero partito della nazione”, con la minuscola ostentata dallo storico.

         Deluso forse anche lui della tanta pazienza che ha o finge, per esempio, con i leghisti che le creano un problema all’ora, non al giorno, Galli della Loggia ha scritto di una “seconda”, altra Meloni, diversa da quella ben avvertita sul piano internazionale, che “sta rinchiusa nel bunker della routine politica e di partito, circondata solo dai suoi amici e fratelli d’Italia”. “Quella -ha aggiunto lo storico- che quando prende la parola non riesce a farlo se non lasciando esplodere la sua aspra maestria tribunizia e distribuendo schiaffi a tutti quelli che non le piacciono”. Una Meloni, ancora, che “pur evocando di continua la nazione, stenta a trovare le parole che uniscono, le parole capaci di indicare grandi traguardi, di far sentire tutti, anche i lontani, coinvolti in quel disegno di vero cambiamento e di rinascita del Paese di cui sempre più abbiamo un disperato bisogno”.

         Mi chiedo, francamente, se sia troppo esigente, sino all’ingenuità, Ernesto Galli della Loggia o troppo prevenuti i “lontani” che egli chiede alla premier di avvicinare al suo governo. Lontani, divisi e ostinati nelle loro debolezze.  

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