Fra le lucciole e le lanterne delle trattative sulla guerra in Ucraina

         Se alla Casa Bianca non scambiano, o non hanno già scambiato, le classiche lucciole per le altrettanto classiche lanterne ricevendo notizie da Berlino -ma soprattutto da Mosca, dove gli emissari americani sono diventati quasi di casa al Cremlino- mancherebbe solo il 10 per cento per arrivare a un accordo di pace sull’Ucraina. O almeno ad una tregua natalizia propedeutica ad un’intesa. Sarebbe dunque risolto il 90 per cento dei problemi esistenti già prima dell’aggressione russa di quasi quattro anni fa e aggravatasi con una guerra che, nelle intenzioni di Putin, avrebbe dovuto concludersi in una quindicina di giorni con la fuga o l’eliminazione fisica di Zelensky a Kiev.

         Evviva, verrebbe da dire se in quel 10 per cento non ci fosse la parte più difficile del negoziato o della problematica per la pretesa, fra l’altro, dei russi di annettere del famoso Donbass anche la parte che non sono riusciti a conquistare con le armi, per quanto spreco ne abbiamo fatto.

         Attorno al quel 10 per cento ancora mancante, sempre nelle valutazioni di Trump, emissari e consiglieri, si è acceso e sviluppato anche in Italia un dibattito -il solito- di carattere politico e mediatico. Col mediatico prevalente sul politico per toni e immagini. Come quello adottato dalla Verità di Maurizio Belpietro, pur di area generalmente considerata di destra e di governo, o quasi, che ha assegnato in un titolo di prima pagina al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per via di quello che dice e ripete nelle udienze frequenti al Quirinale in questo periodo, un ruolo di guerrafondaio. “Però Mattarella prova a far saltare tutto”, dice quel titolo applicato a un articolo di cronaca e commento insieme.

         Il torto di Mattarella, che a Mosca non gode notoriamente di simpatie, attaccato e svillaneggiato ogni volta che parla in Italia o all’estero, sarebbe più di uno. Innanzitutto la convinzione che ad aggredire l’Ucraina sia stata la Russia e non viceversa, come sostengono i critici delle vecchie aspirazioni ucraine alla Nato e all’Unione Europea: critici fra i quali ci fu a suo tempo anche il compianto Papa Francesco per quella Nato accusata di “abbaiare”. Un altro torto di Mattarella è quello di riconoscere e condividere la difesa ucraina della integrità dei territori, almeno di quelli non ancora conquistati sul campo con una guerra odiosa  di invasione. Il terzo torto sarebbe quello di condividere, coprire, spalleggiare la linea di politica estera del governo Meloni. Quella della presidente del Consiglio, del vice presidente e ministro degli Esteri e del ministro della Difesa. Un po’ meno, diciamo così, quella abusivamente praticata a parole dal leader leghista Matteo Salvini, che Meloni prudentemente ha collocato al Ministero delle Infrastrutture, cioè delle strade, dei porti, delle ferrovie, dei ponti e ponticelli.

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.

Su ↑