Consapevoli o non, a caso o apposta, la Banca d’Italia e l’Istat – tra giudizi sui conti all’esame del Parlamento e rilevazioni in forza delle quali notoriamente può accadere che in due possiamo risultare avere mangiato un pollo ciascuno mentre in realtà uno solo può averne mangiato due e l’altro solo averne cercato i resti fra gli avanzi- si sono lasciati arruolare dalle opposizioni nella guerra o guerriglia contro il bilancio dello Stato predisposto dal governo. Per conto del quale il paziente, per quanto leghista, ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha cercato di difendersi. E non solo, come avranno magari sospettato gli avversari suoi e di Giorgia Meloni, per guadagnarsi la nomina a presidente del Consiglio quando l’attuale premier, confermata fra due anni nel rinnovo delle Camere, potrà essere eletta dopo altri due al Quirinale.
Dell’Agenzia delle Entrate le opposizioni hanno invece tentato in questi giorni l’arruolamento tra i favoreggiatori, quanto meno, di pratiche sostanzialmente evasive della Meloni, riuscita, consapevole o no delle pratiche curate dai suoi assistenti, diciamo così, a farsi accatastare come villino la villa che ha a suo tempo acquistato e arricchito di una piscina. L’Agenzia delle Entrate, spontaneamente o sollecitata non dico direttamente dalla premier ma da qualche amico, a dir poco, è intervenuta nelle polemiche per ribadire la legittimità dell’accatastamento del villino Meloni in categoria A7, che precede l’A8 della villa di lusso.
Coi tempi che corrono, e che temo destinati a sopravvivere anche all’eventuale e auspicabile conferma referendaria della riforma generosamente intestata alla Giustizia, con la maiuscola, non si può escludere che l’Agenzia delle Entrate incorra prima o poi, magari su esposto di qualche oppositore cosiddetto onorevole, o avvocato a corto di clienti e di lavoro, nell’attenzione e nelle indagini della Procura della Repubblica.
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