Dalle “altre parole” dell’omonimo salotto televisivo di Massimo Gramellini alle “parole precise” do Gianrico Carofiglio nelle librerie, dov’è approdato il suo “manuale di autodifesa civile” dal populismo di ogni colore, di sinistra ma anche di destra, che ci assedierebbe. E a cui cediamo spesso persino inconsapevolmente dicendo male la verità o opponendo bugie a bugie così maldestramente da rendere maggiormente credibili le prime.
Carofiglio è un analista, scrittore, romanziere, giallista acuto restituito ai lettori prima dalla magistratura, prudentemente abbandonata in tempo per non farsi travolgere anche lui dallo spirito di casta che la sta rovinando, altro che la riforma costituzionale della giustizia demonizzata dal sindacato delle toghe, e dalla politica. Che l’ex senatore Carofiglio ha vissuto per pochi anni, bastatigli per capire che neppure essa faceva per lui, ma continuando -credo- a sentirsi di sinistra. Forse avrebbe preferito anche lui definirsi progressista se Giuseppe Conte non ne avesse fatto terra bruciata con quell’aggettivo “indipendente” di assai scarsa affidabilità per la sua estrema personalizzazione.
Dire male la verità, come lamenta Carofiglio, potrebbe anche essere quella rimproverata dallo scrittore alla premier Giorgia Meloni per avere indicato troppo sommariamente e drasticamente “la sinistra italiana più fondamentalista di Hamas”, anche nell’approccio al piano di pace di Gaza concordato alla Casa Bianca fra il presidente americano Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, con tutto ciò che ne sta seguendo fra inversione di marcia dei profughi e rilascio degli ostaggi sopravvissuti alla loro prigionia di più di due anni. Ma dire male la verità, o dire una bugia, è anche il tipo di smentita, di negazione opposta dalla segretaria del Pd Elly Schlein alla Meloni. “Ripetere nella risposta, nella confutazione, lo stesso schema di quell’attacco scomposto -ha detto Carofiglio parlandone in una intervista alla Stampa- significa perdere prima ancora di combattere: quello che resta nell’immaginario è l’accostamento fra le parole sinistra e Hamas”.
E’ quello che pensava, credo, Giulio Andreotti quando spiegava agli amici e familiari sorpresi del suo silenzio di fronte a certe accuse, prima ancora di quelle giudiziarie, formulate nelle cronache politiche, che smentendole si rischiasse di parlarne “due volte”. Lo racconto non per sminuire il ragionamento e la percezione di Carofiglio ma solo per riconoscere al compianto sette volte presidente del Consiglio e imputato pluriassolto, pur con i “ma” del suo ostinato accusatore Giancarlo Caselli, il pregio obbiettivo, indiscutibile che aveva di esprimere in una battuta -non sempre felice, lo riconosco- ciò che altri traducono in un libro, anche con successo di vendite e di recensioni, come sono le interviste all’autore che ne accompagnano la diffusione.
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