La giornata filopalestinese del 4 ottobre 2025 a Roma più ancora che dalla guerriglia in Piazza Santa Maria Maggiore, è stata contrassegnata da quel “fascista di merda” dato per iscritto a Karol Wojtyla sulla statua che lo raffigura davanti alla Stazione Termini. Un insulto firmato con la falce e martello perché non si potesse dubitare della sua paternità politica.
A 36 anni della caduta del muro di Berlino, a 33 dalla caduta anche dell’Unione Sovietica, a 25 anni della morte di Wojtyla, per 26 Papa Giovanni Paolo II, proclamato santo 11 anni fa, non gli si perdona ancora l’anticomunismo e gli si dà del fascista, ripeto, di merda. Perché non basta il semplice fascista, diciamo così.
Fascisti, come sa il sindaco piddino di Reggio Emilia per una disavventura capitatagli sul posto, si rischia di essere chiamati anche al solo ricordare il pogrom del 7 ottobre di due anni fa, esaltato in uno striscione della giornata filopalestinese di Roma come Resistenza, da cui sono derivati due anni di guerra a Gaza, altrettanti di prigionia per i pochi ostaggi sopravvissuti al loro sequestro e circa 67 mila palestinesi morti, anch’essi ostaggi in fondo dei terroristi di Hamas che avevamo sistemato arsenali beliici sotto le loro case, scuole, ospedali, chiese, mercati, strade e piazze.
Mi chiedo cos’altro sarebbe dovuto accadere il 4 ottobre – che dall’anno prossimo tornerà ad essere festa in onore, giustamente, di San Francesco- per fare capire a un milione di manifestanti il gioco perverso e stomachevole al quale si erano prestati. Un milione, ripeto. Ma sono tanti anche i “soli” 250 mila stimati dalla Polizia.
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