Il gioco parlamentare di Monopoli sulle guerre di Gaza, al plurale

Il buon Mattia Feltri, più paziente del padre Vittorio, sino allo sfinimento avvolto nell’ironia, o nel sarcasmo, ha contato sino a “dodici o tredici” posizioni nei dibattiti parlamentari svoltisi, fra Camera e Senato, sulla guerra di Gaza e nelle votazioni sulle mozioni. Ne è derivato uno spettacolo di confusione che ha probabilmente e giustamente spinto nell’aula di Montecitorio sui banchi del governo il ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio Antonio Tajani, affiancato dal ministro della Difesa Guido Crosetto, a portarsi la mano sinistra sugli occhi. Una immagine, direi, emblematica di una giornata particolare in Parlamento. Dove la maggioranza ha approvato le sue mozioni a favore del piano di piace a Gaza predisposto alla Casa Bianca dal presidente americano Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e di un riconoscimento dello Stato di Palestina condizionato alla liberazione degli ostaggi di Hamas, vivi o morti che siano, e al ritiro dei terroristi. Che hanno provocato la distruzione della striscia di Gaza con la inevitabile reazione israeliana all’infame pogrom del 7 ottobre di due anni fa.

         Gli incroci, sui banchi delle opposizioni, fra astensioni, voti contrari e favorevoli anche sui documenti da esse stesse proposte, non hanno dimostrato la pluralità e quindi vitalità dei partiti, fra di loro e al loro interno, quanto la loro “paralisi” da confusione giustamente lamentata da Davide Varì. Una paralisi che rende impraticabile la strada dell’alternativa al centrodestra di Giorgia Meloni propostasi dal cosiddetto campo largo. E avvertita, in questa sua impraticabilità anche da esponenti politici impegnatisi molto, più ancora della “testarda” segretaria del Pd Elly Schlein, a prospettarla.

         Persino Goffredo Bettini, per esempio, l’uomo che non si è risparmiato nel suo Pd e fuori producendo saggi, articoli, lettere e interviste sino a sollecitarle personalmente, ha dovuto arrendersi alla realtà dello spettacolo parlamentare pregando l’intervistatore di turno di non infierire con le domande. Cioè preferendo uno sconsolato silenzio al rischio di contribuire anche lui alla confusione. Come avrebbe probabilmente fatto se si fosse azzardato a parlare entrando nei dettagli delle dodici o tredici posizioni, ripeto, contate con sofferta approssimazione, credo, dal mio amico Mattia Feltri. Un’approssimazione persino superiore a quella cui nella cosiddetta prima Repubblica ci avevano abituato i democristiani quando scrivevamo delle loro correnti e ne aggiornavamo, via via, le carte di navigazione. Superiore anche all’approssimazione e confusione che la Dc riuscì a trasmettere al  Pci quando le due forze politiche, pur contrapposte elettoralmente, come ricordava Aldo Moro,  parteciparono alle maggioranze parlamentari della cosiddetta “solidarietà nazionale”. Che fu un’edizione ridotta del più ambizioso e persino scientifico “compromesso storico” elaborato e proposto dal segretario comunista Enrico Berlinguer nella sicurezza di poterlo fare digerire a tutto il suo partito.  

Pubblicato sul Dubbio

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.

Su ↑