Pur “un sacco bullo”, come lo hanno scolpito al manifesto nel titolo di copertina dedicato al suo intervento all’assemblea dell’Onu, il presidente americano Donald Trump ha detto quello che francamente si doveva al consesso internazionale ormai più inutile e costoso. Se non addirittura dannoso per gli equivoci che crea al posto della pace che dovrebbe promuovere e garantire con i caschi blu.
Neppure le scale mobili funzionano più nel Palazzo di vetro a New York, come sperimentato dallo stesso presidente americano e la moglie salendovi.
In quel “sacco bullo” c’è naturalmente un’esagerazione, ma pari a quelle cui ricorre Trump parlando e soprattutto agendo, a cominciare dalle “sette guerre” di cui si è intestata una fine di cui francamente nessuno si è accorto nel fragore, nella ferocia ed altro delle due che continuano in Ucraina e in Medio Oriente. Continuano grazie anche alle incertezze e alle contraddizioni del presidente degli Stati Uniti nei rapporti, rispettivamente, con Putin e con Nethanyau.
D’altronde l’aula delle Nazioni Unite -o (dis)unite, come ho visto felicemente titolare un giornale elettronico- è abituata a spettacoli di elefanti in cristalleria. Trump, con quei piedi datigli da madre Natura, ha almeno risparmiato al Palazzo di vetro lo spettacolo che diede il sovietico Nikita Kruscev togliendosi una scarpa e battendola sullo scranno. Per poi infilarsela daccapo e cercare qualcosa da prendere a calci.
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