La Giorgia Meloni felice e applaudita fra tanti scudi crociati…

         Scusatemi ma di Gorgia Meloni nelle ultime ventiquattro ore mi hanno colpito, più del pur forte discorso di attacco alla sinistra per la cultura dell’odio che essa alimenta, tutti gli scudi di memoria e di grafica democristiane fra i quali parlava. E riscuoteva applausi del pubblico accorso alla festa dell’Unione di Centro, sopravvissuta alla decisione dell’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini di continuare a fare politica ospite del Pd, nelle cui liste egli continua ad essere eletto a Palazzo Madama diventando una specie di senatore a vita senza bisogno del decreto di nomina del presidente della Repubblica. Una particolarità, peraltro, che poteva intestarsi solo un democristiano dichiaratamente irriducibile come Casini, pur ospite di un partito dove sempre di più la componente di provenienza dc, con tanto di foto del compianto segretario del Pci Enrico Berlinguer sulla tessera di iscrizione, vive in sofferenza la segreteria movimentista, a dir poco, di Elly Schlein.

         Da parecchio ormai, specie dopo avere portato il suo partito alle abituali  dimensioni elettorali della Dc, in testa alla classifica  delle forze politiche di questa seconda, o terza, o quarta Repubblica, come preferite leggendo le cronache e seguendo la tv, specie quella privata degli eredi di Silvio Berlusconi; la Meloni, dicevo, è ormai avvertita come una specie di post-democristiana, più in particolare post-andreottiana. E lei mi pare, francamente, sempre meno imbarazzata. Comunque meno imbarazzata o contrariata di quanto siano o appaiano di fronte a questo scenario democristiani o post come Rosy Bindi, Marco Follini, Dario Franceschini, lo stesso Casini.

         Agli apprezzamenti vecchi e nuovi  della Meloni da parte dei democristiani ed ex ministri Gianfranco Rotondi ed Enrico La Loggia,  deluso peraltro dell’epilogo di Forza Italia, si è aggiunta una quasi certificazione di Calogero Mannino. Che in una intervista alla Gazzetta del Sud ha appena detto: “La Dc di De Gasperi, Fanfani, Andreotti e con le debite proporzioni Mannino non c’è più. Tuttavia l’esperienza storica della Dc è patrimonio non solo della storia. Anche la Meloni, senza fare abiure sul terreno delle grandi scelte politiche, fa quello che ha fatto e avrebbe continuato a fare la Dc. Soprattutto in Europa e nei rapporti con gli Stati Uniti d’America”.

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