Quel dipartimento americano passato dalla difesa alla guerra

         Molti probabilmente sceglierebbero come immagine emblematica, sul piano internazionale, della settimana che si chiude con questa domenica 7 settembre una della parata militare a Pechino. Dove è corso, credo su invito dei suoi amici cinesi, l’ex premier italiano Massimo D’Alema per compiacersi di tanta forza ostentata celebrando il passato a parole, a 80 anni dalla conclusione della seconda guerra mondiale anche in Asia, e il presente nei fatti, diciamo così. Che è un’espressione cara anche a D’Alema quando chiude una frase generalmente perentoria parlando al plurale, cioè intestandosi la rappresentanza della maggioranza. Vecchio trucco oratorio imparato non so se a Pisa, quando lui studiava all’Università, o alle Frattocchie, alle porte di Roma, quando si formava alla scuola del Pci.

         A me personalmente ha colpito di più, della settimana che si conclude oggi, l’immagine della sostituzione della targa sulla porta del Segretario di Stato americano alla Difesa, che da qualche giorno si chiama Segretario alla Guerra. Non sono riuscito a rintracciare la solita foto del presidente Donald Trump alla firma del relativo ordine esecutivo, con tanto di  lettere allineate come torri. Questa volta Trump non so se sia trattenuto, accontentandosi della foto della targa diffusa dal Dipartimento ora -ripeto- della Guerra, o ce l’abbia solo risparmiato su suggerimento, magari, della moglie Melania.  Della quale si legge ogni tanto qualche retroscena o indiscrezione polemica nei riguardi della fiducia che, sia pure a fasi alterne, il marito nutre nel premier russo Putin. E nella sua volontà di pace in Ucraina mentre continua a devastarla e a insanguinarla.

         Questa storia del Dipartimento di Stato americano passato dalla Difesa alla Guerra con un tratto di penna o la targa rimossa con un banale cacciavite, mi sembra peggiore persino di un missile sparato a titolo dimostrativo, o per un errore di cui poi scusarsi.  E pensare che qui da noi, in Europa, della quale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appena voluto sottolineare la insostituibilità eccetera eccetera, abbiamo sentito levarsi proteste, lamentele, distinzioni, persino da parte della premier Giorgia Meloni che le è amica personale, per la decisione della presidente della Commissione di Bruxelles, la tedesca Ursula von der Leyen, già ministra della Difesa del suo paese, di chiamare “riarmo” il programma di potenziamento delle strutture militari dei paesi dell’Unione di fronte a minacce e rischi  che provengono dalla Russia, come dimostra la guerra in Ucraina in corso da più di tre anni e mezzo.

         A la guerre comme à la guerre, si diceva una volta in francese.    

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