Le scuse ormai insufficienti di Israele per i troppi morti a Gaza

         Per gli amici di Israele, quelli veri, che non hanno commesso l’errore di difenderne il nome e la causa della sopravvivenza ignorando in prima pagina sui giornali la notizia, quella di ieri è stata una giornata durissima. Sotto certi aspetti persino peggiore del 7 ottobre di ormai due anni fa, quando tutto in un certo senso cominciò, o ricominciò, col pogrom osceno rivendicato dai terroristi di Hamas, che uccidono in Israele, stuprano, seviziano, sequestrano persone  e difendono i palestinesi – pensate un po’- usandoli come scudi umani contro Israele che reagisce.

         Il doppio attacco israeliano di ieri contro un ospedale della striscia di Gaza, provocando una ventina di morti fra cui cinque giornalisti che non vi erano ricoverati ma stavano facendo il loro mestiere di vedere e raccontare una guerra, è stato semplicemente orrendo. Persino il premier israeliano Netanyau, dopo un iniziale tentativo di negare l’evidenza, ha dovuto alla fine ammettere l’errore e scusarsi.

         Ma le scuse, certamente preferibili a quelle che, per esempio, Putin non è neppure tentato di chiedere per quello che sta facendo in Ucraina- di chiedere anche al suo interlocutore principale, il presidente americano Donald Trump, nella ricerca di una soluzione del conflitto- non sono sufficienti. Non lo sono più in questa fase della guerra. Non lo sono più se non accompagnate con lo svelamento dei responsabili e la loro punizione. Altrimenti sono solo chiacchiere, utili solo a danneggiare ulteriormente la causa pur tragicamente giusta della sopravvivenza di Israele.

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