La premier Giorgia Meloni, imbarazzata nella generale rappresentazione giornalistica per gli insulti del suo vice leghista Matteo Salvini al presidente francese Emmanuel Macron, che si è beccato anche del “troppo permaloso” per la protesta espressa in via diplomatica, si starà chiedendo se le intemperanze del suo collega di governo e amico, almeno a parole, siano notate più da sole o con una sua dissociazione. Cioè se lei traduce l’imbarazzo in una richiesta pubblica di scuse a Macron. Come, magari, le avrà già consigliato direttamente e riservatamente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, imbarazzato più ancora della Meloni nel ruolo che ha di Capo dello Stato che “rappresenta l’unità nazionale”, cioè la Nazione, secondo l’articolo 87 della Costituzione.
Visto che la situazione creata da Salvini con i suoi attacchi e insulti a un Macron guerrafondaio, che dovrebbe “attaccarsi al tram” piuttosto che pensare a interventi più concreti delle parole a favore dell’Ucraina dopo tre anni e mezzo di guerra con la Russia di Putin, che ne ha invaso il territorio e continua a devastarlo con più morti e feriti di quanti se ne stiano contando a Gaza su un altro versante di fuoco; vista, dicevo, la situazione creata da Salvini nei rapporti con la Francia ancora nostra alleata atlantica e socia europea, sarebbe ora che la Meloni si scusasse. Anche a costo di provocare una crisi che però credo improbabile. Più probabile vedrei una crisi nella Lega, dove l’imbarazzo per le posizioni del segretario è forse maggiore di quello della Meloni nel governo per lo stile e a volte anche il contenuto dell’azione di Salvini. Questa volta, credo, per lo stile e il contenuto insieme.
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