Quello stitico riconoscimento del Corriere della Sera alla Meloni di essere andata “meglio del previsto” al vertice euro-americano alla Casa Bianca sull’Ucraina – riconoscimento collocato alla fine del cosiddetto sommario del titolo di apertura della prima pagina- è a suo modo indicativo delle difficoltà della premier nei rapporti con i giornali. Difficoltà delle quali la stessa premier è talmente consapevole, e peraltro così poco preoccupata, preferendo sporsi il meno possibile alle domande in diretta, da scherzarci sopra parlandone proprio alla Casa Bianca col presidente finlandese in un fuori-onda. Che si è procurato sui quotidiani italiani più cronache e commenti allo stesso vertice.
In questa corsa al dettaglio per cogliere il diavolo che vi si nasconde ha voluto distinguersi sulla Stampa Flavia Perina. Che, essendo stata direttrice del nerissimo, diciamo così, Secolo d’Italia, non si lascia scappare occasione per riscattarsi in qualche modo metaforico dal passato. E così ha scritto della Meloni e della sua battuta americana sui giornali con la puzza sotto il naso, quanto meno.
Per fortuna, pluralismo, contrappasso e quant’altro scrive sulla Stampa anche Mattia Feltri, che riesce spesso a superare il padre Vittorio nella pratica del nuoto controcorrente. Così oggi, con qualche decina di centimetri sotto la collega ha ricordato i rapporti ancora peggiori che riescono ad avere con i giornali i pur più loquaci “capi dell’opposizione”, generosamente al singolare. Che pretendono generalmente domande scritte e accessori del genere, a cominciare da Romano Prodi. Che tuttavia il mio amico Mattia ha in qualche modo aiutato alla fine risparmiandogli il ricordo di quel recente, assai sgradevole episodio, inizialmente negato e poi ammesso davanti all’evidenza delle foto senza neppure scusarsene, della mano addosso ad una giornalista tanto scortese da avergli fatto una domanda sgradita sulla controversia del momento. Che era quella della democrazia zoppicante in una parte del manifesto europeista di Ventotene citata con maggiore imprudenza ancora dalla premier Meloni parlandone in Parlamento.
Potrei continuare a incidere sulla stampa, al minuscolo e generale, e sulla sua partecipazione alla fuga delle opposizioni, doverosamente al plurale, dalla realtà quando non la gradiscono. Ma mi fermo per carità professionale.
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