Qualche parola o rigo di stampa per prendere onestamente atto che Giuseppe Conte ha esplicitato meglio il primo silenzio opposto ai risultati elettorali del turno amministrativo di domenica e lunedì scorsi, particolarmente a Genova con la vittoria netta, senza ballottaggio, della “civica” Silvia Salis a sindaco. Un silenzio che sembrava segno di fastidio o di indifferenza, pur avendo i contiani pentastellati partecipato alla coalizione di cosiddetto centrosinistra, o semplicemente “progressista”, come preferiscono chiamarla la stessa Salis e l’ex premier. Un fastidio opposto all’entusiasmo della segretaria del Pd Elly Schelin, ora ancora più “pronta” di ieri ad elezioni politiche, magari anticipate per cercare di liberarsi prima di Giorgia Meloni. Sotto la quale “non c’è niente”, ha appena scritto sulla Stampa Angelo De Angelis in una forma di sessismo rovesciato, diciamo così. E come se sotto la Schlein ci fosse qualcosa di più, o di meglio, secondo i gusti.
Giuseppe Conte ha sgonfiato non dico le vesti ma il palloncino della vittoria elettorale cantata dalla Schlein, orgogliosa della sua “ostinazione unitaria” di organizzare e magari anche guidare un’Armata Brancaleone contro la Meloni. Lo ha sgonfiato, Conte, ammonendo che “la sommatoria numerica non funziona”, evidentemente o specialmente a livello nazionale. “Qui -ha aggiunto l’ex premier nostalgico della sua esperienza a Palazzo Chigi- non si vince con il campo largo, campo stretto, campo alto, campo basso, giusto, morto, campo santo….”. Si è dimenticato di aggiungere, lasciandolo nella ovvietà, che non si vince senza di lui nel ruolo epico attribuitogli da Marco Travaglio del “migliore capo del governo italiano dopo Camillo Benso di Cavour”.
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