Sembrava che Luigi Zanda ci avesse rinunciato per rassegnazione, non avendo raccolto molti né convinti sostegni nel Pd la sua proposta di un congresso anticipato, e straordinario, per dare finalmente una linea di politica estera al partito e alla sua segretaria, Elly Schlein, magari sostituendola dopo essere arrivata al vertice col consenso più degli esterni, ammessi alle primarie conclusive del precedente congresso, che degli iscritti. Un consenso previsto da uno statuto che per questa stravaganza tenne fuori dal Pd esponenti storici e prestigiosi del precedente Pci come Emanuele Macaluso. Che era cresciuto nel mito della militanza.
Sembrava, dicevo. Perché Zanda, tra i fondatori del partito del Nazareno, già capogruppo al Senato e tesoriere, 82 anni e mezzo compiuti, più del doppio dei 40 della Schlein, non ci ha invece rinunciato. E, intervistato non dal Domani del suo amico Carlo De Benedetti ma dalla Stampa, più ospitale e diffuso, è tornato ieri alla carica. Con la solita franchezza cresciuta all’epoca della sua collaborazione con Francesco Cossiga, egli ha riconosciuto sì alla Schlein “due qualità importanti “, che sono quelle di “giovane e donna”, ma insufficienti a guidare quello che peraltro non sarebbe più un partito ma “un movimento”. Dove disgraziatamente, ma forse anche inevitabilmente per le regole che lo disciplinano, non vi è “alcuna opposizione interna”, essendoci “nel gruppo dirigente solo fedelissimi”. Ed essendo “lei a fare liste elettorali” e a “chiudere il cerchio”.
Sulle prospettive della Schlein di arrivare prima o poi a Palazzo Chigi Zanda è stato impietoso con la sua motosega. “Non ci sono di mezzo -ha detto- solo i voti da conquistare, ma anche Giuseppe Conte, che è politicamente molto ambiguo”. Contemporaneamente infatti Conte ha risposto al Foglio, che gli chiedeva delle primarie attribuite ai propositi della Schlein per scegliere a suo tempo il candidato delle opposizioni alla guida del governo: “C’è ancora tanto tempo…”. Altro che elezioni anticipate.
Ma quella che più preoccupa Zanda è l’ambiguità dell’ex presidente del Consiglio sul tema prioritario della politica estera in questa congiuntura internazionale. “Lui -ha detto Zanda- è alleato della destra quando governa e nemico quando sta all’opposizione”. Poi “sta con la sinistra quando vuole fare il premier, nemico invece quando pensa gli faccia ombra”. Come è stato “amico di Grillo quando gli serviva, nemico quando ha raggiunto il suo scopo” impadronendosi del suo partito.
La conclusione di Zanda è tagliente e oracolare per la Schlein: “Il suo avversario politico è Meloni ma il suo nemico è Conte”.
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