Quella sala del Campidoglio sognata europeisticamente dalla Meloni

Pur nella penombra, chiamiamola così, imposta dalla scomparsa di Papa Francescoalle cronache politiche italiane, dalle quali peraltro questo Pontefice aveva cercato di tenersi estraneo o lontano, come i suoi più diretti successori Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, si continua a lavorare dietro le quinte per la realizzazione dell’ambizioso progetto della premier Giorgia Meloni di fare svolgere a Roma l’incontro fra i vertici europei e il presidente americano Donald Trump.

Le opposizioni, o almeno quelle più consistenti e rumorose, riconducibili al Pd di Elly Schlein e al MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, non condividono questa prospettiva. Esse sono unite dalla convinzione che dell’Europa e dei suoi rapporti con gli Stati Uniti, su uno sfondo che ormai non è più solo quello dei dazi, essendo in gioco ben altro e di più, la sede più idonea sia quella di Bruxelles. “A casa mia”, ha aggiunto con sarcasmo Pier Luigi Bersani, come per esprimere la banalità, addirittura, di una simile precisazione.

Ma Roma non è solo la Capitale d’Italia dove ha sede il suo governo guidato dalla Meloni, come a Bruxelles la Commissione europea presieduta nel suo secondo mandato dalla tedesca Ursula von ver Leyen. Roma, dove probabilmente la stessa von der Leyen verrebbe volentieri per un vertice e una circostanza così eccezionale se proposto da un’amica com’è la Meloni, peraltro affettatasi a tenerla al corrente prima e dopo la sua recente missione alla Casa Bianca; Roma, dicevo, è la citta dove il 25 marzo 1957 furono firmati i trattati istitutivi della Comunità europea e dell’Euratom. “I trattati europei”, sono ormai definiti.

La cerimonia della firma, conclusiva di una trattativa fra i sei paesi fondatori di quella che sarebbe poi diventata l’Unione attuale di ventisette paesi, si svolse esattamente nella Sala capitolina degli Orazi e Curiazi. Il governo italiano era rappresentato dal presidente democristiano del Consiglio Antonio Segni e dal ministro liberale degli Esteri Gaetano Martino, personalmente orgoglioso di avere fatto partire i negoziati due anni prima nella sua Messina.

E’ proprio in quella sala che – con l’ospitalità anche del sindaco della città Roberto Gualtieri, non credo disposto a rinunciarvi solo per non mettere di cattivo umore la segretaria del suo partito- la Meloni, secondo indiscrezioni di buona fonte, vorrebbe fare svolgere un evento così importante in questi tempi con un vertice euro-americano.  Mentre, ripeto, si gioca non solo e non tanto la partita intestata ai dazi, ma anche o soprattutto quella di un nuovo equilibrio geopolitico dopo le carte, diciamo così, disegnata a Jalta ottant’anni fa dai vincitori della seconda guerra mondiale.

L’Europa non è più riconoscibile in quelle carte. E probabilmente non sarà neppure quella che persegue la Russia post-sovietica di Putin non solo e non tanto dall’inizio della cosiddetta “operazione speciale” contro L’Ucraina, annunciata poco più di tre anni fa, ma ancora prima con l’annessione della Crimea, nel 2014.

Pubblicato sul Dubbio

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.

Su ↑