
La notizia non è, o non è solo, nell’assemblaggio, elenco e quant’altro dei “casini” che in tre settimane di intenso lavoro, diciamo così, le opposizioni sono riuscite a fare nell’impietoso, onesto e scanzonato racconto di Fabrizio Roncone. Che, pur avendone viste tante, producendo articoli di giornale e libri giustamente di successo, mi ha dato l’impressione -a leggerlo- di non averne visto di tanto “penoso” come in questi ultimi ventuno giorni -tre settimane, appunto- di “baruffe, contraddizioni, votazioni laceranti, viaggi strazianti (e un po’ comici), lacrime nell’aula di Montecitorio, sghinazzi, gravi gaffe di un ex premier, incerte ambizioni di un’aspirante premier, perfidie tra capi e capetti, certe volte anche meno di capetti, smarrimenti di leader dadaisti con partiti al 2% (o appena sopra)” eccetera eccetera. L’elenco infatti è ancora più lungo.

La notizia sta piuttosto nel rilievo che certamente non per distrazione o capriccio il direttore del Corriere della Sera ha voluto dare al racconto del suo inviato, diciamo così, a Politopoli, questa volta in particolare nei quartieri, depositi, arsenali officine -ve ne sono di esibite come uffici, per esempio quello di Dario Franceshini- delle opposizioni aspiranti all’alternativa al centrodestra al governo con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Dove -ha raccontato anche questo Roncone- c’è sempre qualche bottiglia di “bollicine” da stappare o comunque aprire per distrarsi, con le comiche delle opposizioni, dai problemi che sicuramente esistono anche nella maggioranza.

L’articolo di Roncone è stato sistemato all’interno del Corriere ma con un richiamo in prima pagina ben visibile, e più appetibile di un editoriale con quel titolo sulla “opposizione (a sé stessa)” che sarà stato invidiato, penso, dai giornali di area, diciamo così, di centrodestra. E perfino da quegli specialisti della titolazione sarcastica e sfottente che sono i colleghi del manifesto, frequentemente impietosi anche verso quell’aggettivo “comunista” della loro testata.
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