
Appartengono alla serie dei mali che non vengono tutti per nuocere, come la frusta di Trump che potrebbe aiutare il processo di integrazione europea, anche i ripetuti attacchi, di venerdì scorso e di ieri, da Mosca al presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella. Che già al primo assalto la premier Giorgia Meloni aveva difeso anche “a nome del governo” per la “blasfemia” contestatagli dalla portavoce del Ministero degli Esteri, avendo egli equiparato l’aggressione di Putin all’Ucraina a quelle di Hitler ai paesi limitrofi, propedeutiche alla seconda guerra mondiale. La portavoce del ministro Lavrov vi è tornata per avvertire, minacciare e quant’altro che il discorso del presidente della Repubblica italiana non rimarrà “senza conseguenze”.
La solidarietà piena della Meloni a Mattarella -pure lei, del resto, schierata con l’Ucraina dall’inizio della cosiddetta “operazione speciale” annunciata a Mosca per “denazificarla”, quando era ancora all’opposizione e a Palazzo Chigi governava Mario Draghi- ha fatto cadere la mannaia sulla rappresentazione delle difficoltà temperamentali e politiche nei rapporti fra la premier e il Capo dello Stato. Anzi, della “Nazione”, come la presidente del Consiglio preferisce dire parlando dell’Italia.
La sintonia con Mattarella, che di suo aveva già più volte ammonito le opposizioni a non arruolarlo forzandone parole e silenzi, e chiedendogli di non firmare questa o quella legge ad esse sgradita, è stata ed è ancora di più per la Meloni, di fronte all’offensiva reiterata di Mosca, un elemento di forza nel ruolo che le eccezionali condizioni internazionali le consentono o richiedono. Anche al di là del vertice europeo “informale” improvvisato da Macron a Parigi a scapito dell’autorevolezza di Bruxelles.
In una Europa che Trump vuole o immagina estranea al processo o negoziato di pace per l’Ucraina, ritenendo prevalenti, se non addirittura esclusivi, gli interessi russi e americani nel conflitto ucraino, la Meloni è quella che ha maggiori spazi di manovra per mediare o ammortizzare i colpi. Li ha per la stabilità del suo governo, maggiore rispetto agli altri nell’Unione europea, e per i rapporti personali col presidente degli Stati Uniti.
Non c’era solo amicizia e colleganza partitica con la Meloni ma valutazione concreta e realistica della situazione, avvertita come ministro della Difesa, nelle parole spese da Guido Crosetto nei giorni scorsi, fra Corriere della Sera e Repubblica, a proposito della premier.

“In questo momento se io fossi in loro -ha detto Crosetto, in particolare, a Repubblica, dopo avere rilevato la necessità o opportunità che i 27 paesi dell’Unione trovino “di volta in volta una persona” cui delegare la loro rappresentanza- chiederei a Giorgia Meloni per il rapporto privilegiato che ha da anni con Trump, di provare a svolgere il ruolo di mediatore”. “Il rischio dell’Europa è che invece deflagri”, ha avvertito il ministro della Difesa guardando o pensando a Bruxelles.
Pubblicato sul Dubbio
Lascia un commento