Marco Minniti denuda le opposizioni sulla vicenda del generale restituito alla Libia

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

         In attesa delle informazioni del governo al Parlamento sulla vicenda del generale libico Almarsi, rimandato in patria anziché tratteuto in carcere in Italia come richiesto dalla Corte penale internazionale dell’Aja per i delitti commessi nelle carceri da lui gestite nel suo Paese, le opposizioni potrebbero leggere e rileggere -ripassare, diciamo così- l’intervista di Marco Minniti pubblicata oggi dal Corriere della Sera. Le opposizioni, dicevo, ma in particolare il Pd, la sua segretaria, i suoi parlamentari per la provenienza e apparteneza tuttora -credo- di Minniti al partito del Nazareno. Se a qualcuno da quelle parti non verrà in mente l’idea di chiederne l’espulsione e sequestrargli la tessera d’iscrizione.

         Ministro dell’Interno nel primo e unico governo di Paolo Gentiloni, già vice ministro -sempre al Viminale- nel secondo governo di Romano Prodi, sottosegretario per molti anni, fra i più esperti, se non il più esperto in assoluto dei servizi segreti, Marco Minniti ha ricordato agli smemorati della sua parte politica il carattere “strategico” della Libia, con cui è “giusto accordarsi”.

Minniti al Corriere della Sera

         “Primo, è la base più avanzata -ha spiegato Minniti- dei trafficanti di essere umani. Secondo: vi si gioca una partita energetica essenziale, come si è visto nella vicenda ucraina. Terzo: l’Africa è il principale incubatore di terrorismo internazionale e solo qualche anno fa la capitale moderna della Libia, Sirte, era in mano allo Stato Islamico”.

         Sull’iniziativa presa dal capo della Procura di Roma di iscrivere nel registro degli indicati la premier, i ministri dell’Interno e della Giustizia e il sottosegretario con delega dei servizi segreti affidandoli alle indagini e alle ulteriori iniziative del tribunale dei ministri per il rimpatrio di Almarsi con un volo di Stato, Minniti si è pronunciato in modo inequivocabilmente critico, sul piano giudiziario e politico.

Minniti al Corriere della Sera

         “Credo -ha detto Minniti parlando di Francesco Lo Voi e del suo presunto atto “dovuto”- che davanti ad un esposto non sia automatica l’apertura di un’indagine. Si valuta la congruità. La valutazione della Procura è legittima, certo. Tuttavia, essenziale è il momento: Se un esposto sottolinea criticità nell’azione del governo ed è prevista per il giorno dopo l’audizione dei ministri della Giustizia e dell’Interno, forse è doveroso aspettare le due audizioni, anche per valutare meglio la fondatezza dell’esposto. Ed evitare così un effetto molto negativo”.

         Il “forse” usato da Minniti è di natura ovviamente pleonastica. Non vorrei che qualcuno, fra le opposizioni, vi si attaccasse con la disperazione di chi sta annegando nella sua faziosità.

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