
Daniela Santanchè, la ministra del Turismo rinviata a giudizio per falso in bilancio e a rischio anche di un processo per truffa all’Inps, ma naturalmente innocente sino a eventuale condanna definitiva, si era in fondo proposta di sorprendere chiamando Visibilia la più nota delle sue società o attività. E ha mantenuto la promessa anche gestendo il passaggio politico delle polemiche su di lei: interne anche al suo partito, oltre a quelle provenienti dalle opposizioni con richieste di dimissioni e presentazione delle solite mozioni parlamentari di sfiducia personale.

Stanca evidentemente di aspettare che la sua amica, collega di partito e premier Giorgia Meloni si chiarisca le idee -come ha pubblicamente dichiarato- sulla posizione della ministra, più in particolare sui riflessi che le vicende giudiziarie potrebbero avere sulla sua attività di governo, la Santanchè ha rotto gli indugi. E, riuscendo a guadagnarsi un po’ di spazio anche nelle prime pagine dei giornali dove si parla di memoria dell’Olocausto, deportazioni di immigrati in catene dagli Stati Uniti, fughe o tentativi di ritorno a Gaza eccetera, ha annunciato con linguaggio un po’ fascistico – bisogna ammetterlo- che “se ne frega” dei dubbi della Meloni e del malumore avvertito anche da lei fra i suoi “fratelli d’Italia”.

In particolare, la Santa…nchè ha avvertito che a decidere del suo destino di ministro sarà lei, e solo lei, sicura -ha detto a Repubblica- di potere contare sulla solidarietà, condivisione, aiuto e quant’altro del presidente del Senato Ignazio La Russa. Oltre che di quella specie di certificazione che perfidamente il solito Fatto Quotidiano nella “cattiveria” di giornata ha attribuito a Paolo Berlusconi con queste parole: “Mio fratello Silvio sarebbe orgoglioso della Santanchè”.

In effetti la signora è sostenuta apertamente in questi giorni dal segretario forzista, vice presidente del Consiglio, ministro degli Esteri, ex presidente del Parlamento europeo e quant’altro Antonio Tajani. Nonché dall’altro vice presidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture, ex ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini.

L’artiglieria, diciamo così, c’è tutta. Ed ha comprensibilmente inorgoglito la ministra. O il ministro, se l’interessata -come la Meloni per le sue cariche istituzionali- preferisce il genere maschile scambiandolo per quello che secondo altri linguisti non è, cioè neutro, in un mondo e in una società dove le donne contano sicuramente più del passato. Per quanto anche nella storia non siano mancate donne di grande rilievo, e di forza superiore ai maschi disciplinatamente sottoposti.
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