
Con tutta la cautela consigliata, o imposta, dai misteriosi algoritmi di alcuni canali social che rimuovono da qualche tempo post, cioè articoli, considerati troppo forzati o polemici, mi limito a riferire che Beppe Grillo e Giuseppe Conte, rispettivamente e dichiaratamente “garante dei valori” e presidente del MoVimento 5 Stelle, si sono scambiati pubbliche lettere sull’”evidente crisi di consenso” di cui – secondo Grillo- soffre il partito, o come altro si debba o voglia chiamare.

Grillo si è lamentato di non essere stato consultato sull’”assemblea costituente” del movimento annunciata da Conte. Che, precisando di volerlo così “riossigenare”, ha rivendicato la procedura adottata senza averne prima parlato col “garante” per tutelare la piena “legittimità”, se non la si vuole chiamare sovranità, dell’assise.

Per carità, i due -il “garante”, ripeto, e il “presidente”- torneranno probabilmente a sentirsi e persino a incontrarsi convivialmente, magari nello stesso ristorante in cui già un’altra volta chiusero un loro contenzioso col conto pagato dall’ospite, essendo stato il locale scelto dall’altro. Ma il confronto polemico, per quanto ignorato dalle prime pagine di alcuni giornali solitamente attenti alla cronaca politica come il manifesto e Domani, è una notizia non irrilevante per un movimento il cui titolare partecipa ogni tanto con foto e altre immagini a quel cosiddetto “campo largo” di quella che l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, vista la sofferenza che questa denominazione procura a Conte, suggerisce continuamente di chiamare semplicemente “alternativa” al governo in carica. I cui tre anni ancora di mandato, sino alla scadenza ordinaria della legislatura, sarebbero “troppo lunghi da passare” -dice sempre Bersani- per non prevederne una fine prematura. Teniamoci pronti, ha raccomandato di recente Goffredo Bettini, compagno politico di vecchia data di Bersani, pensando ad elezioni anticipate cui è pronto a partecipare da alleato del Pd -pensate un po’- anche Matteo Renzi nella sua ultima, o penultima edizione.

Grandi cose potranno quindi maturare a sinistra: non necessariamente col consenso di Beppe Grillo, ma questa volta senza che Conte si lasci per forza stoppare e condizionare dal “garante -ripeto- dei valori” del movimento pentastellato. Che, in quanto tali, come quelli ai quali intestò il suo movimento anche Antonio Di Pietro prima di rinunciarvi, come era già accaduto per la sua esperienza di magistrato, sono sempre di un’assolutezza solo verbale, più presunta che reale. Grandi cose, dicevo. Ma forse anche meno o per niente grandi, se basate solo sul presupposto di un suicidio francamente improbabile del governo e della maggioranza in carica, per quanto anch’essi abituati a viaggiare in una certa turbolenza persino ostentata, specie dai due vice presidenti del Consiglio chiamati formalmente ad affiancare la premier.
Lascia un commento