Il decalogo del cardinale Ruini per una politica che “non uccida….

Da Libero

Peccato che il cardinale Camillo Ruini, superata a febbraio scorso la vetta venerabile dei 93 anni, abbia perduto un po’ della sua autonomia fisica, come ci ha raccontato qualche giorno fa sul Corriere della Sera il buon Antonio Polito. Che è andato a trovarlo e a raccoglierne ricordi, considerazioni e quant’altro. Dopo quelli, peraltro, già ricevuti dal suo collega di testata Francesco Verderami con la conferma, particolareggiata, del no opposto nel l’estate del 1994 dal cardinale, allora presidente della Conferenza Episcopale Italiana, alla sconcertante richiesta del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro alla Chiesa di aiutarlo a far cadere il governo di Silvio Berlusconi in carica da poco più di due mesi.

Giovanni Paolo II e il cardinale Sodano

         La Chiesa?, voi forse vi chiederete fermandovi alle sole, pur ragguardevoli competenze episcopali italiane del cardinale Ruini,  E sì, la Chiesa, cari miei, perché con Ruini la buonanima di Scalfaro -pace all’anima sua- aveva invitato al Quirinale per quell’incredibile iniziativa contro il governo anche il cardinale segretario di Stato del Vaticano Angelo Sodano e il francese Jean Louis Touran, addetto ai rapporti della Santa Sede con gli Stati.

Jean Louis Tauran

Mancava a quell’incontro conviviale solo il Papa per un atto estremo di discrezione, diciamo così:  il polacco Giovanni Paolo II. Che penso poi informato della vicenda dalle eminenze reduci dal Quirinale, immagino con quale e quanto stupore, per quanto Karol Wojtyla ne avesse viste e sentite già di tutti i colori nel suo paese, salendo anche per questo poi al vertice della Chiesa e dandosi da fare per chiudere la partita col comunismo.

E’ curioso, a dir poco, l’ assordante silenzio della sinistra seguito all’ultimo velo impietosamente tolto da Ruini a quella torrida estate del 1994: torrida un po’ come quella di 30 anni prima. Quando con un altro presidente della Repubblica democristiano al Quirinale, Antonio Segni, con o senza la sua consapevolezza -o “buona fede”, direbbe Ruini, come ha detto di Scalfaro- la politica visse una stagione agitata. Aldo Moro, che si era dimesso da presidente del Consiglio per formare un nuovo governo di centrosinistra dopo un infortunio parlamentare occorso al primo, ritenne opportuno per qualche notte dormire fuori casa. E con lui altri del suo stesso e di altri partiti.

I recenti disordini alla Camera

E’ maledettamente estate anche adesso, nell’anno del Signore 2024. E il governo di Giorgia Meloni, a sentire quelli che gli si oppongono anche nelle piazze, non bastando loro le aule del Parlamento neppure tanto quiete, con tutto quello sventolio di bandiere, annessi e connessi, che accompagnano ogni legge che passa senza il loro consenso, insidierebbe la democrazia. Un governo che, sempre a sentire lor signori, scimmiotterebbe il fascismo di più di 100 anni fa, se non quello proprio di 100 anni fa, quando gli sgherri di Benito Mussolini uccisero Giacomo Matteotti. Al quale la segretaria del Pd Elly Schlein ha paragonato senza arrossire di imbarazzo il deputato pentastellato Leonardo Donna. Che si è avventurato con una bandiera nell’aula di Montecitorio contro il ministro Roberto Calderoli finendo atterrato fra spintoni, calci e pugni mentre veniva espulso dall’aula. Dalla quale poi avrebbe rimediato cinque giorni di sospensione: un terzo di quelli comminati al leghista Igor Iezzi, colpevole confesso di un pugno quasi centrato sulla fronte e di altri solo tentati contro il torace del grillino.

Tanto è bastato, ripeto, per riesumare Matteotti e il fascismo squadristico sulla cui strada si sarebbe messo il governo Meloni inutilmente orgoglioso del G7 in Puglia: un vertice internazionale, con la partecipazione straordinaria di Papa Francesco, sopravvissuto mediaticamente e politicamente alle cronache da Montecitorio, ma anche dal Senato rumoreggiante contro il primo passaggio del premierato.  Rumoreggiante, comunque, non tanto da spingere le opposizioni, come nel 1953 ai tempi della cosiddetta legge elettorale truffa voluta da Alcide De Gasperi, da divellere banchi e quant’altro e lanciarne pezzi anche contro il presidente dell’assemblea Meuccio Ruini, portato in infermeria senza pantaloni. Sotto i banchi del governo fu costretto invece a rifugiarsi il giovane sottosegretario del presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, uscendone ingobbito, come avrebbe poi scherzato dopo molti anni con gli amici, quando la gobba era diventata più evidente.

A dispetto della rappresentazione che se ne sta facendo o tentando, più che un governo prevaricatore e squadristico la politica con la “dialettica amico-nemico” lamentata proprio dal cardinale Ruini è alle prese con un’opposizione -parliamone pure al singolare, come vorrebbero i coltivatori del cosiddetto campo largo- alla quale lo stesso cardinale, parlandone con Polito, ha ricordato metaforicamente il quinto dei dieci comandamenti: non uccidere.

Benemerito cardinale Ruini. Che nei lunghi 17 anni della presidenza della Conferenza Episcopale, a cavallo fra la prima e la seconda Repubblica, fra il 1991 e il 2008, seppe tenere a bada anche quelli che da “cattolici adulti”, come Romano Prodi a Palazzo Chigi e dintorni, anticipavano i diritti civili in una versione a dir poco lontana dai principi già allora “irrinunciabili” difesi dalla Chiesa.

Una Comunione di Ruini a Romano Prodi

Fra Prodi e Ruini si consumò una clamorosa rottura anche pubblica. Eppure i due sono nati a distanza di 8 anni e di soli 11 chilometri e mezzo fra di loro: a Scandiano l’uno e a Sassuolo l’altro, nelle province rispettivamente di Reggio Emilia e di Modena.  Erano stati amici anche di famiglia, ma con una devozione, da parte di Prodi, rivelatasi meno salda di quanto l’alto prelato si aspettasse pur nella consuetudine dei loro rapporti.

Papa Francesco e Giorgia Meloni al G7

Con la sua memoria, e una fermezza invariata nei 30 anni trascorsi dal 1994, il cardinale Ruini cerca di difendere anche la Meloni, come Berlusconi ai suoi tempi, dalla demonizzazione che ne tentano gli avversari. Possiamo parlare di un  “decalogo Ruini”.

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