Mattarella si tira fuori, risentito, dalle polemiche contro il premierato

Dal Dubbio

Un po’ me l’aspettavo, ma è ugualmente clamorosa la reazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella -solitamente paziente e, all’occorrenza, anche spiritoso- al tentativo compiuto, volente o nolente, dal Foglio di attribuirgli l’ispirazione, o qualcosa di simile, del duro intervento della senatrice a vita Liliana Segre nell’aula di Palazzo Madama contro il cosiddetto premierato proposto dal governo di Giorgia Meloni.

         “Affermare -ha scritto Giovanni Grasso, capo dell’ufficio stampa del Quirinale, al giornale fondato da Giuliano Ferrara e diretto da Claudio Cerasa- che nei suoi interventi in Senato la senatrice Liliana Segre metta soltanto la sua voce, perché il pensiero non sarebbe suo ma del Presidente della Repubblica, oltre che del tutto infondato, è profondamente offensivo per la senatrice che, non soltanto per la sua storia, ha diritto al più grande rispetto”. Sono seguiti tuttavia i consueti “cordiali saluti”.

L’intervento di Liliana Segre al Senato

         Pur relegata, ma forse anche per questo, nella posta del Foglio come una qualsiasi lettera che si riceve e si è tenuti a pubblicare, e ammantata -ripeto- nella conclusiva cordialità dei saluti, la reazione del Quirinale è di una severità e durezza significative. Ed anche comprensibili per i tentativi ricorrenti da tempo di trascinare il presidente della Repubblica nella polemica su una riforma cui si attribuisce, a torto o a ragione, la volontà o comunque l’effetto di ridurre drasticamente il ruolo del capo dello Stato. Che sarebbe obbligato -come ha appunto detto la senatrice Segre nell’aula di Palazzo Madama intervenendo nella discussione generale-  a “guardare dal basso in alto”, in condizioni di soggezione, un presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo. Mentre lui, il presidente della Repubblica è stato e continuerebbe ad essere eletto solo dal Parlamento, sia pure in seduta congiunta e con la partecipazione dei delegati dei Consigli delle Regioni.

I corazzieri, che proteggono il Capo dello Stato

         A tirarlo fuori da una polemica a dir poco imbarazzante, come parte in causa anche sul piano personale, non sono valse né il silenzio impostosi su questa materia da Mattarella né la fretta, direi la rapidità, con la quale egli a suo tempo con la propria firma autorizzò- secondo il dispositivo del quarto comma dell’articolo 87 della Costituzione- la presentazione alle Camere del disegno di legge del governo sulla riforma che porta ormai il nome del premierato.

         Trovo pertanto comprensibile e condivisibile la reazione opposta dal capo dello Stato all’ultimo tentativo di trascinarlo dove lui non vuole: ultimo in ordine di tempo ma sicuramente penultimo, potendosene e dovendosene prevedere ancora altri per le cattive abitudini di una certa politica e -ahimè- di una certa informazione. Della quale il meno che si possa dire e scrivere è che sia spesso poco corretta.

Lo dico e lo scrivo con levità nonostante  il direttore del Foglio, con la sua ciliegina rossa d’ordinanza, non abbia sentito il bisogno, il dovere e quant’altro di scusarsi ma abbia praticamente insistito nella rappresentazione fatta sul suo giornale del discorso della senatrice a vita Liliana Segre. E abbia declassato a “rettifica” quella che è stata più semplicemente o drasticamente una smentita. Errare è umano ma perseverare è diabolico, dice un vecchio proverbio ereditato dai latini come tanti altri di provata saggezza.

Pubblicato sul Dubbio

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