
Da appassionata di biliardo quale è stata appena scoperta il giorno del suo 39.compleanno, grazie a quegli impiccioni di Dagospia, in un bar del quartiere romano di San Lorenzo, vicino al Verano, la segretaria del Pd Elly Schlein dovrebbe saper calcolare bene gli effetti dei giochi di sponda. Almeno, ripeto, quelli al biliardo perché in politica ne ha appena compiuti alcuni dall’efficacia controversa, stando alle reazioni provocate nel suo partito agitandone vieppiù le acque.

Penso, per esempio, alla firma che ha deciso di aggiungere alla proposta di un referendum abrogativo del cosiddetto Jobs act del governo di Matteo Renzi, allora anche segretario del Pd. Una firma che lei non si limita ad opporre, come si è visto in una recente manifestazione, ma disegna con vigorosi tratti di penna. Così lei ha fatto da sponda al segretario della Cgil Maurizio Landini, promotore dell’’iniziativa referendaria, e a Giuseppe Conte. Che l’ha preceduta nell’adesione contemporaneamente da leader di quel che rimane delle cinque stelle di Bebbe Grillo e da suo concorrente, se non vogliamo chiamarlo rivale, alla guida di una coalizione -se mai riuscirà a realizzarsi davvero- in grado di risultare competitiva contro il centrodestra di Giorgia Meloni. O solo di Giorgia, come la leader della destra preferisce essere chiamata a Palazzo Chigi ma soprattutto nelle piazze, e votata nei seggi elettorali.

L’ex ministro Dario Franceschini, uno o il principale dei suoi sponsor nella corsa al Nazareno, questa volta non ha fatto finta di niente ed ha tenuto ad annunciare che lui non firmerà per quel referendum contro una legge che a suo tempo condivise. E che è stata difesa, proprio reagendo all’annuncio della firma della Schlein, dall’ex ministra Marianna Madia, a suo tempo responsabile della materia nel Pd.

Di sponda con Conte, e anche con Landini che da leader sindacale si occupa pure di premierato e dintorni avvertendo puzza di fascismo o di “capocrazia”, come la chiamano il costituzionalista Michele Ainis e seguaci o tifosi; di sponda, dicevo, con Conte e anche con Landini la biliardista Schlein ha promosso per il 2 giugno, festa notoriamente della Repubblica, una manifestazione contro l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Dalla quale la Meloni invece ha appena annunciato di non volere per alcun modo recedere, pronta ad affrontare l’eventuale referendum cosiddetto confermativo.

Non so se in questo suo proposito di lotta, insieme di difesa della sua proposta di riforma costituzionale e di contrattacco agli avversari, la premier abbia chiesto aiuto anche al segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, distraendolo dalle incombenze della guerra in Ucraina, nell’incontro avuto con lui ieri a Palazzo Chigi.
A parte l’incontro realmente avvenuto, scherzo naturalmente. E’ bene precisarlo in questo paese, o in questo momento, in cui anche lo scherzo può essere pericoloso.
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