
Per quanto ancora giovanilmente antiborghese all’età di quasi 73 anni, o quanto meno diffidente verso quelli che lui chiama “gli ambienti più potenti e meno puliti della borghesia”, o di ciò che ne resta anche dietro o dentro le proprietà dei giornali, l’amico Piero Sansonetti ha scritto qualche giorno fa sulla sua rinata Unità, riportatagli nelle edicole e persino in alcune delle feste omonime dal generose editore Alfredo Romeo, un articolo che ho condiviso dalla prima all’ultima parola sul dossieraggio.

L’ho condiviso, ripeto, dalla prima all’ultima parola, per quanto io, di soli dodici anni più anziano di Piero, vada ancora orgoglioso di avere conquistato le simpatie e poi il resto di mia moglie presentandomi, giovanissimo, sulla spiaggia che frequentavamo con due giornali sotto il braccio: il quotidiano Corriere della Sera e il settimanale, che non finivo mai di leggere per intero in un solo giorno, Il Borghese ancora diretto da Leo Longanesi. Del quale ero -pensate un po’- così fanatico da essere andato una volta in treno dalla mia Puglia a Milano giusto per mettermi davanti alla sede di quel periodico e aspettare che ne uscisse o ne entrasse il direttore solo per dire di averlo visto. Ma mi accadde anche di parlargli, spero ancora senza infastidirlo più di tanto.

Il maggiore giornale coinvolto nelle indagini condotte dal capo della Procura di Perugia, Raffale Cantone, e quelli che ne hanno preso quasi istintivamente le difese sono stati paragonati da Sansonetti ai Bravi di manzioniana memoria, al Griso e al Nibbio del don Rodrigo dei Promessi Sposi, che intimidivano il prossimo.

Diversamente dal passato, quando i dossier venivano preparati da pezzi della magistratura o dei servizi segreti e passati ai giornali per combattere questo o quel politico e il suo progetto, stavolta -ha osservato Sansonetti- “la centrale infetta risiedeva addirittura in via Giulia, a Roma, cioè dentro la sede della Procura Nazionale antimafia. E “a guidare l’intera operazione erano forse direttamente i giornalisti”, messisi a “indicare i nomi dei menici da abbattere, oppure da non abbattere ma da condizionare, e forse ricattare”.

“Nella sostanza -ha scritto ancora Sansonetti continuando a convincermi- non cambia molto. Cambia molto per la nostra categoria, che viene travolta dalla valanga di vergogna. Senza peraltro che i suoi organismi rappresentativi (Ordine e sindacato) muovano un dito per prendere le distanze”. E cercare di proteggere la carta dalla sporcizia.

A questo punto “sarà necessario -è la conclusione del direttore dell’Unità- che la parte sana della magistratura vada a fondo. Deve indagare senza avere riguardo per nessuno. Neppure per gli ex appartenenti alla magistratura” E senza fsrsi paralzzare o condizionare -aggiungo io- dal fatto che a chiedere di andare in fondo sia stata ancora prima di Sansonetti la premier Giorgia Meloni, portatrice di biechi e fascisitici interessi secondo una certa sinistra rimasta all’età della pietra.
Grazie per avermi fatto capire bene la dinamica dello scandalo.
"Mi piace""Mi piace"