Il tragico paradosso dell’Italia 80 anni dopo il rastrellamento degli ebrei a Roma

A Sergio Mattarella che oggi si reca al Ghetto di Roma nell’ottantesimo anniversario del rastrellamento nazifascista di 1259 ebrei, dei quali 1023 furono deportati e solo 16 tornarono vivi, toccherà più o meno esplicitamente scusarsi nella Sinagoga presidiata per timore di attentati. Scusarsi non per i fatti del 1943, quando lui a Palermo aveva solo due anni, ma per i fatti di questo ottobre 2023 in Italia. Dove cortei sfilano per le strade e affollano piazze per protestare contro Israele e non nascondere simpatie per Hamas e i loro miliziani, che hanno appena fatto contro gli ebrei confinanti con Gaza peggio ancora di quanto i nazifascisti fecero a Roma 80 anni fa.

  Se qualcuno, come Aldo Grasso ieri sul Corriere della Sera, si permette di eccepire sui “postillatori” dei salotti televisivi, che con i loro “se” e “ma” ispirano o fiancheggiano, come preferite, i cortei quanto meno ostili più ad Israele che ad Hamas, deve sentirsi dire, o vedere scritto sul Fatto Quotidiano, con la firma del direttore in persona Marco Travaglio, di essere entrato in una “fase anale”. Che sarebbe quella, testuale, di “un idiota che può produrre più merda di quanto tu possa spalarne”. E questa, nell’Italia paradossale che Mattarella per dovere d’ufficio è chiamato oggi a rappresentare nel ghetto romano, sarebbe libertà di stampa.

Non ho parole per continuare e, magari, abusare anch’io, sia pure per ritorsione, dell’articolo 21 della Costituzione. Che è quello che dice: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Anche nei salotti televisivi recensiti da quell’Aldo Grasso ridotto per questo a produttore industriale di sterco da chi quei salotti frequenta assiduamente pur standosene seduto dietro la scrivania del suo giornale come in cattedra, premurosamente collegato in video e audio.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Le piazze intossicate dai “postillatori” dei salotti televisivi

         Aldo Grasso -l’invitato di pietra dei salotti televisivi, che non vi partecipa ma li commenta- ha definito sul Corriere della Sera “postillatori” quelli che deplorano le nefandezze dei terroristi della palestinese Hamas ma le giustificano in qualche modo per la “complessità” dei problemi da cui nascono.

         Più in alto, a sinistra, sempre sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ha definito questi postillatori “più spregevoli” degli stessi terroristi pensando anche a ciò che riescono a produrre di tossico nelle piazze. E chissà se l’editorialista del principale quotidiano italiano, scrivendone, aveva già visto la foto oggi pubblicata sul Giornale che ritrae un corteo anti-israeliano a Milano con un dimostrante cerchiato in rosso che è l’ex terrorista Francesco Giordano, condannato per l’assassinio di Walter Tobagi. Esso fu compiuto nel 1980 da una banda aspirante all’ammissione alle brigate rosse.  “Un ex Br guida la piazza”, ha titolato Il Giornale promuovendolo a posteriori sul campo.

         Si spera che adesso nessuno  protesti per la pubblicazione di questa foto denunciando, com’è avvenuto per quella di cinque anni fa della giudice Iolanda Apostolico in piazza a Catania, la violazione della privacy e riproponga il problema dei dossieraggi praticati dai soliti ignoti.

         A Milano la bandiera d’Israele è diventata in piazza un divieto di accesso o circolazione. Altrove le bandiere israeliane sono state bruciate con quelle degli alleati americani. Prima o poi -vedrete- ne bruceranno anche di italiane. Il direttore Maurizio Molinari ha appena scritto e titolato su Repubblica di una “Italia bipartisan di Meloni e Schlein dall’Ucraina a Gerusalemme”. Un titolo, e relativo testo, forse un po’ forzato per il riferimento alla Schlein e al composito partito che guida ma convalidato in qualche modo dall’ex premier Giuseppe Conte e presidente ora del Movimento 5 Stelle. Che ha gridato con le virgolette messe alle sue parole dall’insospettabile Fatto Quotidiano: ”Il Pd non s’è ancora tolto l’elmetto”.

         Vale anche per la premier Meloni la testimonianza, chiamiamola così, del giornale di Marco Travaglio con quel titolo, addirittura di apertura, non so se più nostalgico o polemico per il richiamo ai tempi in cui la leader della destra italiana era “con Gaza e due Stati”, israeliano e palestinese.

         A proposito dei “postillatori” di conio grassiano e della giudice Apostolico già citata incidentalmente, segnalo il richiamo del Messaggero alla vicenda del figlio dell’Apostolica, Francesco Moffa, ripreso nel 2019 a Padova in alcuni scontri con la polizia, processato e assolto con la testimonianza, credo non irrilevante, della madre.  Questa volta è tutta roba d’archivi giudiziari. Di dossieraggio è difficile parlare per proteggere la giudice dalle polemiche procurate  dai suoi decreti di liberazione di migranti irregolari trattenuti in applicazione di una legge mai contestata davanti alla Corte Costituzionale.

Ripreso da www,strtmag.it e http://www.policymakermag.it

Buone notizie finalmente da Gaza e dintorni: i palestinesi fuggono da Hamas

         Buone notizie finalmente dal Medio Oriente, anche a costo di scandalizzarvi o di essere scambiato per un pazzo da chi, come me stesso d’altronde, era ieri inorridito a vedere sul Giornale la foto di quel neonato ebreo in fasce crivellato di colpi, e forse pure decapitato, dai terroristi palestinesi penetrati sabato scorso in territorio israeliano dalla striscia di Gaza. O striscia di sangue, stampata in rosso da qualche giornale per denunciare quello che vi sta scorrendo e scorrerà forse ancora di più nei prossimi giorni per il ritorno delle truppe ritirate a suo tempo da Sharon nella illusione di una pacificazione.

         Quelle file di poveri Cristi in fuga, in esodo e quant’altro con i loro familiari, le loro cose e animali fra macerie, o auto in sosta e palazzi ancora in piedi, obbedendo agli appelli di chi vorrebbe risparmiare le loro vite e disobbedendo invece agli ordini cinici di chi vuole che restino per continuare a fare da scudi umani alle milizie e centrali sotterranee di guerra, mi fanno tornare a credere che davvero i palestinesi non siano Hamas e viceversa.

         Quelle file di gente disperata eppur vogliosa di vivere e lasciar vivere smentiscono la paura avvertita quando i terroristi si sono vantati di avere preparato per due anni il sabato 7 ottobre 2023 e a molti di noi, credo, è venuto spontaneo chiedersi come mai nessuno in tanto tempo si fosse accorto di nulla e avesse avvertito il bisogno di scappare e parlare in coincidenza con l’incredibile debolezza dei pur mitici servizi segreti israeliani.

         Mi consola leggere sul Foglio l’inviata che scrive così del primo venerdì seguito a sabato scorso: “A Gerusalemme c’è il silenzio, e questa quiete -per Hamas- è sinonimo di sconfitta. Il venerdì della preghiera non è stato il grande venerdì della rabbia. L’appello dei terroristi rivolto a tutti i palestinesi per incendiare la città e la Cisgiordania non ha attecchito e il messaggio è: i palestinesi non sono disposti a morire per Hamas, e Hamas non incarna la causa palestinese. Questa non è la nostra guerra”. E non sarà necessaria una guerra come quella di un’ottantina d’anni fa per combattere un altro Olocausto.

         Di fronte a queste notizie o sensazioni  provenienti dal Medio Oriente sorrido ai teatrini della politica italiana, come quello dei tribunali che si passano la palla- da Catania a Firenze e ora a Potenza- nella partita contro il governo per disapplicare il cosiddetto decreto Curto sull’immigrazione e delegittimarlo al posto della silente Corte Costituzionale. Alla quale si è deciso ieri a richiamarsi il sottosegretario a Palazzo Chigi, e magistrato, Alfredo Mantovano. Ma se la Corte Costituzionale è silente, in attesa che qualcuno l’investa finalmente del problema, la Camera non è da meno. Ieri a discutere del problema nell’aula di Montecitorio erano in due soltanto. Ha avuto molta buona volontà Il Messaggero a titolare: “Migranti, altolà ai giudici: debbono applicare le leggi”, non disattenderle.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Quanto spreco di bastardi…..fra guerre vere o soltanto di carta

Ho davanti a me, mentre scrivo, la foto del neonato trucidato sabato scorso dai terroristi palestinesi, forse anche decapitandolo, che Alessandro Sallusti ha voluto sbattere sulla prima pagina del Giornale per fare sentire ai lettori -ha titolato- “il dovere di inorridire”. O, come hanno titolato sul Foglio, senza l’aiuto di alcuna foto, “il dovere morale di distruggere Hamas” per ritorsione dopo le migliaia di morti e feriti procurati con gli attacchi proditori dichiaratamente preparati in due anni.

         Oltre alla foto scelta dal direttore del Giornale – fra le tante che girano nelle redazioni di tutto il mondo e mostrate personalmente dal premier israeliano al Segretario di Stato americano raccogliendone l’impegno a sostenere l’alleato in quest’altro passaggio drammatico della sua esistenza- ho davanti a me i titoli di Avvenire sui “civili in trappola” a Gaza, come se non lo fossero stati anche gli ebrei trucidati nelle loro case dai miliziani di Hamas, e del manifesto su “tutti ostaggi”. Come se questa condizione fosse un’esclusiva di quest’altra guerra esplosa in Medio Oriente e non un ingrediente di tutte le guerre, a cominciare da quella di Troia.

         Davanti a tanta incredibile sorpresa, o al rammarico ascoltato in televisione di un’ex ambasciatrice italiana che gli ostaggi americani nelle mani di Hamas non siano quanti servirebbero per mobilitare a loro favore gli Stati Uniti, verrebbe voglia di reagire come ha fatto il direttore del Tempo Davide Vecchi dando della “bastarda” -così, a caso- alla segretaria del Pd Elly Schlein  dopo che Roberto Saviano si è  procurata una condanna  simbolica  a mille euro di multa  per avere chiamato così due anni fa, mosso da “motivi di particolare valore morale”, Giorgia Meloni. Dalla quale l’imputato si aspettava, anzi reclamava il ritiro della querela una volta vinte le elezioni, l’anno scorso, e arrivata a Palazzo Chigi.

         Sembra una storia incredibile ma è vera. Come vere sono le cronache secondo le quali il guardasigilli Carlo Nordio avrebbe sorpreso le opposizioni rumoreggianti per avere disposto “verifiche” sulla giudice che a Catania ha appena rimesso in libertà quattro migranti tunisini irregolari dopo averne liberati il 30 settembre scorso altrettanti. Che naturalmente sono fuggiti prima che le loro richieste di asilo e protezione internazionale fossero respinte.

         Ce ne sarebbe, caro Vecchi, da dare dei bastardi in questo nostro spensierato Paese, ma non siamo o non chi chiamiamo tutti Roberto Saviano. Che pure si è appellato alla “condanna” ed ha minacciato l’espatrio -se no ho  capito male- nel caso in cui La Meloni dovesse restare a lungo a Palazzo Chigi come un Netyanau qualsiasi. Del quale Marco Travaglio ha appena scritto sul Fatto Quotidiano come di un “politicante ottuso e corrotto” al quale “sabato la ferocia di Hamas ha presentato il conto”.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

La giudice che a Catania non lascia ma raddoppia con i migranti

Alcuni fantasiosi cronisti, per esempio sul Messaggero, a 14 anni dalla morte del conduttore Mike Bongiorno e a 64 dalla chiusura della sua famosissima trasmissione “Lascia o raddoppia”, hanno riaperto il concorso televisivo e iscritto d’ufficio la ormai famosa, pure lei, giudice Iolanda Apostolico. Che a Catania non ha per niente lasciato, dopo le polemiche sui suoi primi decreti giudiziari di liberazione di migranti tunisini irregolari trattenuti nel centro di raccolta di Pozzallo e sulla sua partecipazione, cinque anni fa, a dimostrazioni di piazza contro il governo. La signora ha raddoppiato i decreti disponendo la liberazione di altri quattro migranti, sempre tunisini, richiedenti asilo per essere fuggiti da problemi prevalentemente familiari. Su cui la magistrata ha riflettuto senza alcun imbarazzo, temo, per la loro sostanziale modestia rispetto a quelli che si immaginano quando si parla di gente che fugge da guerre, fame e persecuzioni.

         Nessun imbarazzo sembra essere stato avvertito dalla giudice neppure nel richiamo alle direttive europee che pure consentono il fermo, in attesa dell’esame delle richieste di asilo e protezione internazionale “se non sono applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”. Ebbene, questa mancanza di misure alternative è dimostrata dal fatto, non credo sconosciuto alla giudice, che i tre o quattro tunisini da lei liberati il 30 settembre si sono resi irreperibili, cioè sono scappati, prima che le loro richieste di asilo venissero respinte: in meno di dieci giorni.

         “La giudice non molla”, si è titolato da qualche parte in rosso compiaciuto. D’altronde,. “boia chi molla” si gridava negli anni Settanta. Ma lo si faceva dall’estrema destra, con la quale la magistrata in servizio a Catania non credo voglia essere confusa dopo che ci ha aiutato a conoscere i suoi orientamenti politici e/o ideologici

         Fra gli altri meriti o demeriti, secondo i gusti, della giudice Apostolico e dei suoi altri decreti  vi è quello di avere distratto quanto meno parzialmente l’attenzione dalle guerre, quelle vere, non più “pillole”, come una volta le chiamava il Papa, che ci circondano e in qualche modo persino coinvolgono per i loro nefasti effetti  sulla nostra vita quotidiana: dall’Ucrania aggredita dai russi di Putin a Israele aggredita dai terroristi palestinesi. I quali, fra l’altro, non hanno avuto per la loro gente che vive a Gaza ora assediata militarmente  lo stesso rispetto, la stessa paura, la stessa angoscia così diffusamente nutrite e raccomandate nel mondo, e non solo in Italia, nell’attesa della rappresaglia israeliana dopo la ferocia scatenatasi contro ebrei che non avevano altra colpa di essere nati, come quei bambini decapitati.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Cresce purtroppo l’orrore di morte in Israele, e di politica altrove

In Israele colpita a morte, e a tradimento,  e a Gaza assediata per la rappresaglia che l’attende nella logica della guerra si continuano a contare i morti, saliti a 1200 fra gli ebrei e a 900 fra i palestinesi. Un conteggio sempre più orribile, come quello dei 40 bambini israeliani trovati trucidati, alcuni decapitati, che hanno ispirato i titoli sulla “strage degli innocenti”, senza con questo voler dare dei colpevoli, in qualche modo, o dei meno innocenti ai ragazzi, giovani, adulti e anziani falcidiati, o finiti ostaggi e probabilmente destinati a morire anche loro. Gli aguzzini hanno già cominciato a farlo ammazzandone via via che gli israeliani bombardano da lontano anticipando la rappresaglia -ripeto- alla quale si stanno attrezzando le truppe corazzate, l’Aviazione e forse anche la Marina.

         A più di 4000 chilometri di distanza si sono svolti a Roma, in Parlamento, due spettacolini, diciamo così, che desidero riproporvi, per la loro sintesi ed efficacia, dalla prima pagina del Foglio: il primo riguardante la maggioranza e le opposizioni  e il secondo soltanto le opposizioni.

         Spettacolino della maggioranza e dintorni: “Che pochade. Finisce che Pd e M5S votano la risoluzione della maggioranza (con i rossoverdi che si astengono). E termina pure con il centrodestra che dice sì al documento di Pd-M5S e rossoverdi, eccetto il punto 5 che critica il governo di Netanyau. Ma tutti -eccetto i rossoverdi- votano l’elaborato del Terzo polo. Nel centrodestra prevale la cautela del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che oggi volerà in Egitto, rispetto alla linea più aggressiva espressa al tavolo delle trattative dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. E Giorgia Meloni? E’ preoccupata da fattori interni ed esterni. Vuole spegnere incendi e non accenderne altri”.

         Spettacolino del Pd e dintorni: “Mentre cadono bombe su Gaza e missili su Ashkelon il centrosinistra prepara la mozione “unitaria” sulla Palestina. La scena è questa: in una penombra da fumeria, nella cosiddetta sala lettura di Montecitorio (il posto dove tutti vanno a dormire) c’è Chiara Braga. Che però è sveglia, diciamo. La capogruppo del Pd è china su un foglio. Sembra un quadro di Caravaggio. Ecco che arriva Provenzano, le dice una cosa. Lei cancella. Riscrive. Poi arriva Silvestri, il capogruppo grillino. E lei cancella. Riscrive ancora. Alla fine sembra soddisfatta. Ma c’è Fratoianni con la sigaretta elettronica: “Eh no, così non va”. Si ricomincia”.

         A quasi 7000 mila chilometri di distanza tuttavia si è svolto al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite un altro spettacolo riassunto, raccontato e quant’altro dall’Unità con questo titolo da scatola su tutta la prima pagina: “Altolà Onu a Netanyau”. Proprio così, avete letto bene: “a Netanyau”. Non ad Hamas, o pià che ad Hamas. L’Italia, com’è noto, partecipa a questa organizzazione con truppe, dove essa riesce a mandarne per contenere i conflitti, e laute quote associative, per centinaia di milioni di dollari l’anno.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Giorgio Napolitano è rimorto, di dolore, per il suo amico e consigliere Loris D’Ambrosio

         Poche righe -bastano e avanzano- per commentare la decisione appena presa dal Consiglio Superiore della Magisratura di bocciare l’istanza presentata nel 2017 dai familiari di considerare vittima del dovere il giurista Loris D’Ambrosio. Che, consigliere giuridico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, morì d’infarto nel 2012 nel mezzo delle polemiche procurategli dal coinvolgimento, con lo stesso Napolitano, nelle intercettazioni telefoniche -poi distrutte su ordine della Corte Costituzionale- per il processo sulle presunte trattative fra lo Stato e la mafia nella stagione delle stragi.

         Di quella morte si dolse pubblicamente e pianse, partecipando ai suoi funerali, il capo dello Stato in persona. Profonda fu la costernazione anche fra i collegi di D’Ambrosio, cui venne poi dedicata una sala del Ministero della Giustizia, dove egli aveva lavorato prima di essere chiamato al Quirinale. Dove peraltro Napolitano respinse com immediatezza e fermezza le dimissioni presentategli dall’illustre collaboratore nel tentativo di arginare i veleni che stavano raggiungendo, per quella vicenda processuale, il vertice istituzionale.

         Il commento alla decisione del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha ereditato dal precedente il non meno assurdo ritardo nell’esame dell’istanza, è semplicemente questo: Giorgio Napolitano, scomparso di recente e giustamente onorato dei funerali di Stato, è rimorto: non di vecchiaia, questa volta, ma di dolore.     

Il solito Conte della guerra: alla fine più con l’aggressore che l’aggredito

         Novecento morti, migliaia di feriti, alcune centinaia di dispersi, più di cento ostaggi, fra cui due italiani, per limitarci alle persone e non parlare dei danni materiali subiti da Israele, non bastano evidentemente all’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in cravatta e senza, col suo passo sempre rapido e quasi allegro, per capire che “a Gaza è guerra totale”, come ha titolato realisticamente Il Secolo XIX.

         Come già accadde dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, quando il nostro per fortuna non era più a Palazzo Chigi ma faceva ancora parte della maggioranza e si lasciava rappresentare al governo dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dissentendo tuttavia da lui, Conte da una parte solidarizza con l’aggredito di turno, riconoscendogli il diritto alla difesa, e dall’altra ne trova sproporzionate le reazioni o le alleanze  e protesta cambiando praticamente campo.

         Anche con gli israeliani e con le loro bandiere insanguinate Conte ha steso un documento di “profonda preoccupazione” per la “preannunciata sproporzionata reazione” destinata a colpire “l’inerme popolazione civile della striscia di Gaza”, cui Israele -ha aggiunto l’ex premier a voce- ha già tolto luce, gas e cibo violando “il diritto umanitario”.

         Per una volta -ma temo che a questo punto  non sarà l’unica- Conte si trova d’accordo col giornalista italiano, credo, più distante da lui dal primo momento che se ne fece il nome come premier, considerandolo semplicemente un fantasma inventato da un comico: Piero Sansonetti. Che oggi, copiandogli voce e pensiero, ha titolato su tutta la prima pagina della sua rinata Unità sulla guerra in Israele “E’ partito l’antiterrorismo (assomiglia al terrorismo)”. L’aggredito, cioè, equivale all’aggressore, se non è addirittura peggiore disponendo di più mezzi per danneggiarlo maggiormente nella reazione.

         Non si arriverà probabilmente all’arruolamento pentastellare di Sansonetti per il legame sentimentale con una certa sinistra che il mio amico Piero ha dimostrato facendo riesumare l’Unità dal suo amico editore Alfredo Romeo, e così ringiovanendo per avervi a lungo e intimamente  lavorato quando il giornale era l’organo ufficiale del Pci. Tuttavia Conte, dopo avere arruolato fior di magistrati giunti al pensionamento ma decisi a perpetuarsi in politica con le loro pratiche e idee, e perduta la speranza ormai di un accordo con Michele Santoro, potrebbe oggi pensare a candidare nelle sue liste, magari già alle elezioni europee dell’anno prossimo, quel Patrick Zaki che l’Italia è appena riuscita a strappare alle prigioni egiziane.  E che si è praticamente unito ai terroristi palestinesi condividendo la lezione che hanno dato a quel terrorista più di loro che sarebbe il premier israeliano. Pazienza, evidentemente, per i novecento morti, ripeto, le migliaia di feriti, le centinaia di dispersi e ostaggi di parte israeliana, cui tuttavia Patrick dovrebbe aggiungere le vittime e i danni di quella parte palestinese nella quale si riconosce.  

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it 

Anche Sergio Mattarella finisce “bombardato” fra le guerre

Sommersa dalla guerra in Israele riaccesa dai terroristi palestinesi di Hamas fra gli applausi degli iraniani e il compiacimento di un Putin che pensa di potere distrarre l’attenzione dell’Occidente da Kiev, è passata un po’ inosservata l’invettiva di Marco Travaglio, sul solito Fatto Quotidiano, contro “le corbellerie di Mattarella” sull’Ucraina.  

         Le stupidaggini, scemenze e altro, come i dizionari della lingua italiana chiamano le corbellerie, sarebbero quelle dette in Portogallo dal presidente della Repubblica avvertendo che l’abbandono di Zelensky creerebbe in Europa le stesse condizioni in cui più di ottant’anni fa fu permesso a Hitler -con l’iniziale consenso di Stalin, non dimentichiamolo- di scatenare la seconda guerra mondiale.

         Ma -aveva improvvisamente scoperto sabato Travaglio, dopo avere irriso alle controffensive di Zelensky- se Putin stenta così tanto a controllare le zone ucraine occupate come si fa a immaginarlo così forte da invadere altri paesi? E via botte verbali da orbi al presidente Mattarella avventuratosi sulla strada di così sciagurati paragoni.

         Non so se più deluso dalla distrazione procurata -ripeto- dal nuovo sanguinoso capitolo della tragedia mediorientale, o più convinto delle “corbellerie” con le quali aveva voluto contestare quelle di Sergio Mattarella, il direttore del Fatto Quotidiano ha rilanciato l’attacco al capo dello Stato con la firma di Raniero La Valle. Che alle spalle dei suoi 92 anni ha una ca rriera o storia politica alquanto accidentata o complessa, come preferite.

         Da direttore responsabile del Popolo, organo ufficiale della Dc diretto politicamente dall’allora incolpevole segretario del partito Aldo Moro, cui era stata garantita la convintissima appartenenza di La Valle allo scudo crociato, finì per approdare al Parlamento nelle liste del Pci come indipendente di sinistra. Anche lui è rimasto basìto -direbbe la premier Giorgia Meloni non ancora ripresasi dalle sorprese della giudice di Catania Iolanda Apostolico- dalla sortita di Mattarella in Portogallo. Ma, più educato o discreto di Travaglio, o più responsabile come ai tempi della direzione morotea del Popolo, ha preferito buttarla tutta in politica. Niente “corbellerie”, niente scemenze, niente stupidaggini da dizionari. Egli ha trovato semplicemente “gravi” –gravissime nel titolo di richiamo- le parole e i ragionamenti di Mattarella sulla guerra in Ucraina. Le une e gli altri avrebbero segnato tuttavia “un passaggio spaventoso nella lettura occidentale” di quella guerra: spaventoso, in particolare, per il paragone ai fatti del 1938 e 1939.

         “Mattarella -ha scritto il collaboratore di Travaglio- non è un uomo qualunque occidentale, bensì il rappresentante costituzionale di un grande Paese come l’Italia”. Se la sua visione “fosse anche di altri più potenti capi dell’Occidente, o addirittura della destra neoconservatrice americana a cui si è associato Joe Biden, le scelte politiche che ne conseguirebbero sarebbero di una inaudita e micidiale gravità”. Lo sarebbero non solo o non tanto per la presunta arbitrarietà del paragone di Putin a Hitler sul piano personale, ma per l’obbligo che deriverebbe all’Occidente di fronteggiarlo in un’epoca molto diversa da più di 80 anni fa a causa degli intervenuti armamenti atomici. Che d’altronde già Marco Travaglio, sotto sotto, nel precedente intervento aveva rimproverato a Mattarella di avere sottovalutato e persino sfidato da vice presidente del Consiglio del primo governo di Massimo D’Alema condividendo la partecipazione dell’Italia alle operazioni contro Belgrado nella guerra dei Balcani. In previsione delle quali la buonanima del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga aveva allestito in fretta e furia un partito di volenterosi transfughi del centro destra che fornisse all’esecutivo i voti mancanti dopo la caduta del primo governo di Romano Prodi.

         Anche la Bibbia è stata scomodata da Raniero La Valle per fare le pulci al povero Mattarella, inconsapevole in Portogallo dei guai nei quali si stava infilando anche da credente occupandosi della guerra in Ucraina e del rischio della stanchezza dell’Occidente nella difesa del paese aggredito. “Assimilare l’attuale capitalismo nazionale e multipolare della Russia al nazismo della Germania hitleriana prospetta all’Occidente -ha scritto La Valle- un’alternativa assoluta, dalle conseguenze inimmaginabili. Essa consisterebbe nell’avverarsi di una interpretazione letterale della Bibbia, nel suo ultimo libro, l’Apocalisse, che secondo la stessa Commissione biblica vaticana corrisponde al “suicidio del pensiero”: un suicidio che può diventare anche un suicidio del mondo”.

Che frittata, signor presidente della Repubblica: ancora più grave di quella, che non Le perdona ancora Travaglio, di  avere mandato nel 2021 a Palazzo Chigi Mario Draghi al posto di quella specie di reincarnazione di Camillo Benso di Cavour che si sarebbe rivelato Giuseppe Conte. Il quale non riesce neppure lui   a capacitarsi di tanta ingiustizia, ora che è costretto a vagare tra piazze e manifestazioni solo per tenere testa alla segretaria del Pd Elly Schlein nella corsa alla cosiddetta guida degli altrettanto cosiddetti progressisti.

         Più appropriata della reazione del travagliano La Valle alle assai presunte “corbellerie” del capo dello Stato in questi tempi purtroppo di guerre, al plurale, mi sembra la speranza laica espressa sul Corriere della Sera da Paolo Mieli che “le parole pronunciate con lucidità e coerenza” da Mattarella –“talvolta trascurate….ma “l’unico possibile contributo di un concreto impegno per la pace”- non debbano essere un giorno “rilette come una profezia”.

Pubblicato sul Dubbio

Dalla guerra in Israele alla miserevole staffetta giudiziaria di Catania

Di fronte a quanto accade in Israele aggredita dal terrorismo palestinese fra gli osceni  applausi iraniani e il prevedibile sollievo di Putin, che spera di vedere l’Occidente distrarsi dalle schifezze in Ucraina, si ha un certo imbarazzo a calarsi nella miserevole -al confronto- staffetta giudiziaria di Catania. Dove la giudice Iolanda Apostolico ha fatto scuola, diciamo così, ed è stata non solo imitata ma superata dal collega Rosario Maria Annibale Cupri. Il quale ha liberato il doppio – da tre a sei- di migranti irregolari fermati dal questore di Ragusa non per capriccio ma in esecuzione di una legge. Che l’Apostolico, sostituendosi ai giudici della Consulta, aveva appena considerato in contrasto con la Costituzione, oltre che con norme e trattati europei, incorrendo in un ricorso che, per quanto non ancora formalizzato, avrebbe forse dovuto consigliare al suo collega Cupri una certa cautela.  Giusto per non dare l’impressione che il tribunale di Catania sia diventato una postazione di guerriglia contro un governo già “basito” -parola della premier in persona, Giorgia Meloni- dall’altra decisione.

         Sì, lo so. Anche dal tribunale di Firenze è partita una certa invasione di campo sul terreno migratorio classificando la Tunisia come paese non sicuro e proteggendo quindi chi ne proviene o rischia di esservi rispedito. Ma la squadra giudiziaria di Catania ha sorpassato quella di Firenze in questa corsa al disordine, quanto meno. Con quanta soddisfazione per gli scafisti, e per il loro commercio di carne umana, vi lascio immaginare.

         Il buon Luigi Ferrarella ci invita proprio oggi sul Corriere della Sera a pensare alla domanda che un magistrato è costretto o solo portato a porsi ogni volta che deve prendere una decisione, visto il clima  polemico che si è creato nei tribunali e dintorni. Sarebbe la domanda sui vantaggi o rischi che corre ogni volta che deve, appunto, decidere. Vantaggi e rischi, evidentemente, ai fini della sua popolarità – o impopolarità, visto che i sondaggi, come ha appena verificato Alessandro Ghisleri sulla Stampa. non sono incoraggianti per le toghe- e della sua carriera.

         Ma beati i magistrati, che rischiano solo questo, cioè qualche punto di popolarità o inconveniente per la carriera su cui in ogni caso decidono sempre e solo i loro colleghi nel Consiglio Superiore. Pensate un po’ a quei poveretti o disgraziati di geometri, ingegneri, architetti, medici, infermieri e -se consentite, anche noi giornalisti- che rischiamo, oltre alla galera, anche di risarcire con le nostre tasche i danni che possiamo procurare con errori o deliri di onnipotenza. La responsabilità civile dei magistrati, pur sancita dagli elettori referendari nel lontano 1987, è invece rimasta un fortino quasi inaccessibile nella nostra legislazione.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Blog su WordPress.com.

Su ↑