Da Mosca a Campobasso, a ciascuno le proprie ansie…

Mentre i russi, ma non solo loro, sono ancora col fiato sospeso per il tentato assalto a Mosca dei miliziani di Prizoghin, in Italia dobbiamo accontentarci, diciamo così, delle attese attorno al primo test elettorale dopo la morte di Silvio Berlusconi, per quanto assai modesto sul piano quantitativo, votandosi oggi e domani in una regione come il Molise. Che è penultima per numero di chiamati alle urne: trecentomila e rotti, di cui 80 mila residenti all’estero. Nell’elenco la segue solo la Valle d’Aosta, peraltro a statuto speciale, con poco più di centoventimila potenziali elettori, non tutti naturalmente accorsi alle urne nelle politiche dell’autunno scorso perché anche lì l’affluenza non è più quella di una volta.

         Il campione molisano agita sia il centrodestra raccoltosi attorno al candidato Francesco Roberti sia il centrosinistra assai potenziale, come al solito, raccoltosi con l’appendice di Carlo Calenda attorno al sindaco grillino di Campobasso Roberto Gravina. Sul quale ha scommesso il Pd di Elly Schlein ma così poco convintamente, o con una tale apprensione da avere sconsigliato sia alla Schlein sia a Giuseppe Conte, presidente delle 5 Stelle, una manifestazione comune, neppure in un remoto villaggio della regione. I due hanno potuto darsi  appuntamento solo in un bar di Campobasso, presente anche Nicola Fratoianni, con tanto di foto che si è prestata immediatamente, nel Pd, all’ironia dell’ex ministro della Difesa, il riformista Lorenzo Guerini. Il quale, precedendo una volta tanto i vignettisti, ha scherzato ma non troppo da Roma con questa battuta: “Non vorrei che dal campo largo si finisse a Campobasso”, appunto. E vi si rimanesse a consumare limonate e simili.  

Questo è in fondo l’epilogo intimamente desiderato da Guerini, già renziano ma rimasto nel Pd anche a costo di trovarsi in minoranza con tutti gli altri superati dalla Schlein nelle primarie finali del congresso aperte e vinte dai non iscritti, e magari votanti di altri partiti nelle politiche e nelle amministrative. Sono le regole del Pd che avevano tenuto lontano dal Nazareno sino alla morte il povero, incredulo Emanuele Macaluso, inutilmente consolato anche al Quirinale dall’amico Giorgio Napolitano che vi lavorava da presidente della Repubblica. E al quale, a proposito, vanno gli auguri per i 98 anni che compirà fra 4 giorni.

Il centrodestra molisano spera di conservare la regione grazie al voto “emotivo”, com’è stato chiamato quello in memoria ormai più di Berlusconi che dell’amministrazione uscente, guidata da un governatore che non è stato nemmeno riproposto. Il centrosinistra stampellato -ripeto- da Calenda, ma non da Renzi, spera semplicemente nel miracolo, visto il carattere della coalizione molto più eterogeneo, o dir poco,, dello schieramento opposto, incapace di andare oltre il bar deriso da Guerini. Ne sapremo di più già domani pomeriggio, quando a Mosca e dintorni probabilmente non saranno ancora chiare le condizioni reali di Putin tradito dai suoi mercenari.

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.

Su ↑