Il dito della magistratura di Milano e la luna del sindaco sotto inchiesta

         Tutti in attesa, almeno in apparenza, di quello che il sindaco Beppe Sala dirà domani al Consiglio Comunale di Milano sulla prosecuzione o meno, e in quali condizioni il suo secondo mandato, fra due anni.  Cui comunque non potrebbe seguirne per legge un altro consecutivo.  In quali condizioni, perché la solidarietà espressagli dal Pd per telefono dalla segretaria nazionale e per comunicati dalla sede ambrosiana non è stata appunto incondizionata.

Sala sarebbe comunque tenuto a una correzione di rotta, accettando, fra l’altro e di fatto, la cogestione della politica urbanistica della città con gli uffici giudiziari. E con le loro interpretazioni di norme e regolamenti, di cui inutilmente sono state tentate modifiche in sede parlamentare col sostanziale ma insufficiente aiuto del governo. All’interno della cui maggioranza si sono fatte sentire resistenze, a dir poco, pari a quelle dello schieramento variegato di opposizione.

         Quello che si sta guardando in queste ore continua ad essere il dito di Sala. Quello che non si guarda, o si guarda meno, è la luna. Che è costituita dal futuro cui il sindaco ambiva sino all’altro ieri, o cui lo volevano destinare gli amici, di cosiddetto federatore di un campo largo dell’alternativa al governo nazionale. Un campo largo: esteso da Matteo Renzi, che come segretario del Pd lo aveva spinto al vertice dell’amministrazione comunale di Milano, a Giuseppe Conte. Che si è affrettato a precisare, appena è scoppiata la vicenda giudiziaria con una settantina di indagati, fra lo stesso Sala, e alcuni candidati alle manette, di non intendere fare “sconti a nessuno”, neppure al sindaco attuale di Milano, pensando non alla sua giunta, che prescinde dalle 5 Stelle, ma appunto all’ipotesi di trovarselo tra i piedi fra due anni come concorrente a Palazzo Chigi.

         Questo e non altro -neppure il tanto decantato interesse per la Milano diventata troppo cara anche per il ceto medio, allontanato nelle periferie più accessibili per gli affitti- è il terreno politico su cui si sta svolgendo l’offensiva nominalmente giudiziaria.  

Il boicottaggio del cantiere politico del sindaco Beppe Sala

Non è un’altra Tangentopoli, come quella del 1992 esplosa con l’arresto di Mario Chiesa a Milano, ha precisato anche l’insospettabile Antonio Di Pietro dando una lettura diversa dalla Procura ambrosiana della politica urbanistica di Milano. Della quale già da qualche tempo si contendevano il controllo, la gestione e quant’altro gli uffici preposti dell’amministrazione comunale di Beppe Sala e quelli giudiziari, convinti che fossero illegali, e persino corruttivi, le interpretazioni e applicazioni di leggi e regolamenti per le ristrutturazioni edilizie, riqualificazioni di aree eccetera.

         A dire chi avesse ragione fra gli uffici comunali e giudiziari, senza lasciare degenerare il conflitto fra gli uni e gli altri in una mezza guerra che è scoppiata con una settantina d’indagati e le prime richieste d’arresti, avrebbe potuto e dovuto provvedere il Parlamento con una legge di interpretazione autentica delle norme in vigore. Ma il percorso dell’iniziativa assunta dal governo, la cosiddetta “legge salva Milano”, è stato interrotto dalla sinistra, che pure avrebbe dovuto avere interesse a completarlo essendo appunto di sinistra la giunta Sala. E’ qui, quindi, a sinistra, che si è verificato un corto circuito, a dir poco. Se non un complotto.

E’ a casa sua, politicamente parlando, che il sindaco coinvolto nell’affare ora giudiziario deve cercare il Bruto o i Bruti di turno. Non a destra, dove si sono levate richieste di dimissioni e quant’altro ma anche quali la precisazione responsabile di Giorgia Meloni. Che festeggiando i suoi primi mille giorni a Palazzo Chigi, ha preso le distanze persino dal presidente del Senato Ignazio La Russa dicendo che è Sala a dovere valutare la situazione.

         La segretaria del Pd Elly Schlein è rimasta per alcune ore, quasi un giorno, silenziosa. Ma alla fine si è decisa ad esprimere la solidarietà telefonica al sindaco condividendone -si deve presumere- la contestazione delle valutazioni dei magistrati inquirenti. Tutto chiaro allora dopo la pur lungamente attesa telefonata della Schlein? Per niente.

Di Sala, in questa vicenda esplosa a livello giudiziario con tutte le solite cadute politiche e mediatiche, non è più in gioco soltanto la prosecuzione del mandato di sindaco, ai fini della quale la solidarietà della segretaria del Pd può avere l suo significato e peso. E’ in gioco, ancor prima o di più, il percorso che Sala si era proposto, o si era lasciato attribuire, di federatore del progetto di alternativa al centrodestra. E di candidato a Palazzo Chigi, spinto da quello spirito “civico” visto al Nord in lui e al Sud nel sindaco di Napoli, e presidente dell’associazione nazionale dei Comuni, Gaetano Manfredi.

         Rispetto a questo percorso, legittimo per un politico, la telefonata della Schlein vale poco o niente, ripeto. Vale  di più quel “rifiuto di sconti” annunciato, commentando appunto la vicenda milanese, dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che è un concorrente, nella corsa a Palazzo Chigi, della stessa Schlein e di Sala, deciso a sfruttare l’azione d’oro che ritiene di avere in mano considerandosi elettoralmente determinante nel campo dell’alternativa.

         E’ tutto a sinistra quindi, ripeto, il problema scoppiato a Milano. Come, del resto con la Tangentopoli di 33 anni fa, esplosa in sede giudiziaria e amplificata in sede politica e mediatica per liberarsi a livello nazionale di Bettino Craxi. Colpito peraltro proprio nella sua Milano perché ormai, finito il comunismo sotto il muro di Berlino, con lo slogan e le bandiere dell’”unità socialista” lui era diventato per il Pci e i suoi derivati, nominalistici e simbolici, con la falce e martello depositati sotto una quercia, ancora di più un’ossessione. Questa non è dietrologia. E non è più nemmeno cronaca. E’ storia. La sinistra ha finito per avvilupparsi nelle sue abitudini e angosce.

Pubblicato su Libero

                                   

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