Confinate, relegate o semplicemente catalogate nel comparto estero delle rassegne della stampa, ma con qualche generoso richiamo nelle prime pagine, si trovano oggi le cronache della morte del settimo italiano arruolatosi in Ucraina per difenderne la causa nella guerra mossa più di tre anni fa dalla Russia. Che intraprese un’”operazione speciale militare” col proposito dichiarato di “denazificare” in una quindicina di giorni il paese eliminandone l’Hitler locale individuato nel presidente Zelensky.
Il settimo italiano caduto si chiamava Thomas D’Alba, 40 anni, di Legnano, ex paracadutista della Folgore reduce da missioni internazionali all’estero nelle quali a volte “mi chiedevo -aveva raccontato- se fossi dalla pate giusta”. “In Ucraina- aveva raccontato sempre lui- non ho mai avuto questo dubbio”. Come non ne hanno mai avuti in Italia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nonché il predecessore Mario Draghi, nel prendere le difese politiche dell’Ucraina e partecipare a quelle militari con forniture e altri aiuti. Probabilmente Thomas D’Alba se n’era sentito incoraggiato arruolandosi, combattendo e dedicandosi, nel tempo cosiddetto libero, all’assistenza dei bambini ricoverati in ospedale suonando loro la musica. Di cui era appassionato, e che aveva insegnato in qualche scuola italiana.
Un eroe a tutto tondo, verrebbe da dire di questo connazionale auspicandone qualche riconoscimento nell’Ucraina, per la quale è morto, e nell’Italia che ha saputo rappresentare così bene. Non so cosa vorrà o potrà fare a Kiev il presidente Zelensky, se riuscirà a sopravvivere a questa guerra che il nuovo presidente americano Donald Trump si era impegnato a far cessare e alla quale Putin, pur parlandogli ogni tanto a telefono, intende continuare “sino al raggiungimento di tutti gli obiettivi” che si era assegnati. In Italia per il povero Thomas D’Alba non spira buon’aria. E non per il caldo che fa.
La Farnesina, cioè il Ministero degli Esteri, “com’è prassi per i “foreign fighter” sul fronte ucraino, non conferma e non smentisce il decesso”, si legge nella cronaca del Corriere della Sera. Altrove -dal Quirinale a Palazzo Chigi, dal Ministero della Difesa a quello della Giustizia, e via sfogliando fra le possibili competenze- il silenzio non è meno inquietante. “La legge italiana- si legge sempre nella cronaca del Corriere della Sera- punisce chi partecipa a conflitti armati all’estero” a titolo, diciamo così, personale. Al povero D’Alba, insomma, è in fondo andata bene morendo. Da vivo, affacciandosi in Italia in qualche licenza militare concessagli in Ucraina, avrebbe anche rischiato l’arresto.