La segretaria del Pd diserta il ricevimento per la festa nazionale americana

         Anche a costo di una clamorosa gaffe diplomatica, scambiando la tradizionale festa nazionale di indipendenza degli Stati per una personale del presidente Donald Trump, che ha compiuto e celebrato a suo modo il mese scorso i 79 anni, la segretaria del Pd Elly Schlein ha disertato il ricevimento alla residenza romana dell’ambasciatore americano, a Villa Taverna. Dove invece ha voluto andare, pronunciando un caloroso discorso per niente di convenienza, la premier Giorgia Meloni, peraltro reduce da un incontro ufficiale in Vaticano col Papa.  Nel quale aveva probabilmente trattato anche dei  temi della politica estera del governo italiano in una congiuntura internazionale a dir poco eccezionale.

         Con la sua assenza a Villa Taverna la Schlein ha collocato il principale partito di opposizione in Italia più a sinistra di quello concorrente nell’immaginario campo largo dell’alternativa al centro destra: quello guidato dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il quale nella sua doppia veste di capo delle 5 Stelle e di ex premier, appunto, ha voluto essere presente a Villa Taverna, accettando l’invito dell’ambasciatore. E nonostante i giudizi espressi in Parlamento contro il governo americano e la sua prolunga in Italia che sarebbe quello della Meloni.

         Nell’inseguimento a sinistra per potere rivendicare, quando sarà il momento elettorale o parlamentare la candidatura a Palazzo Chigi, coltivata anche da Conte, la segretaria del Pd è riuscita sì a scavalcare il suo concorrente. Come è già accaduto altre volte, del resto.  Ma procurando al Nazareno l’occasione forse di maggiore e più evidente disagio, a dir poco, che non tarderà a mostrare i suoi effetti, essendo la situazione interna del Pd in una ebollizione  tale che si stenta a contane le correnti, tante sono diventate, come bollicine.

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Quel pasticciaccio brutto delle toghe rosse in ermellino

La buonanima di Amintore Fanfani toscaneggiava contro gli errori che attribuiva agli avversari, o agli amici non sufficientemente disciplinati e rispettosi, intimando: “Chi la grossa, la copra”.

         Penso che l’avrebbe gridato in questi giorni anche contro la Suprema Corte di Cassazione, non distinguendola dall’ufficio del Massimario che la compone, per il pasticciaccio, a dir poco, di quei documenti critici su leggi e atti di governo finiti sotto il suo esame, pur non giurisdizionale.

         A cercare di coprirla, leggendo certi giornali,  e pur non avendone alcuna responsabilità, sarebbero stati e sarebbero tuttora col loro garbato silenzio, in ordine di importanza istituzionale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso.

         Ma, per quanti sforzi abbiano compiuto e compiano queste benemerite Autorità di abbassare la temperatura con  la loro riservatezza, come condizionatori  al massimo della potenza in questi giorni di caldo torrrido, il pasticciaccio della Cassazione continua a infuocare il dibattito politico e gli stessi rapporti istituzionali.

         La segretaria del Pd Elly Schlein, per esempio, ospite di un salotto televisivo, ha usato contro il governo, la sua azione, i suoi decreti, le leggi che riesce a fare approvare dal Parlamento “il documento della Cassazione”, parlando al singolare di quello diffuso sulla sicurezza ma alludendo a quello sul patto con l’Albania in tema di immigrazione ed altri che potrebbero uscire ancora. Forse anche quello -perché no?- sulla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario all’esame delle Camere.

         Eppure la prima presidente uscente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, aveva appena esortato a non dare più importanza e significato del dovuto alle valutazioni analitiche del Massimario. Sopravvalutate, secondo lei, anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sentendosi e dichiarandosi “incredulo” di quel documento sulla legge di sicurezza. E riservandosi di esaminarne le procedure quanto meno di “diffusione”. Che hanno contribuito non poco, per la loro pervasività, ad amplificarne la portata. Sino a fare titolare i giornali sulla “bocciatura”, sullo “schiaffo” e simili subiti dal governo, oltre che dalla legge in questione.

         Nordio con garbo, galanteria e altro ancora ha aspettato un po’ prima di rispondere alla presidente della Cassazione Cassano, che ha tenuto a definire “grandissima magistrata e amica”. Ma le ha risposto con la consueta franchezza e chiarezza di idee e parole prendendo esplicitamente le difese dei pur silenti -per garbo costituzionale- presidenti della Repubblica e del Parlamento. Il primo per avere subito “uno sgarbo”, o una “irriverenza”, nel momento in cui si è dubitato, in quel documento, dei requisiti di necessità ed urgenza del decreto legge sulla sicurezza, ma di altro ancora, da lui riconosciuti nel firmarlo. Il secondo, cioè il Parlamento, per ‘”oltraggio” -ha detto Nordio parlandone in una intervista al Messaggero– ricevuto con la demolizione, sia pure analitica, su carta intestata della Cassazione di una legge regolarmente approvata.

         Come e cosa si fa, a questo punto, per disinnescare la mina che è diventata, col suo ufficio quasi d’archivio o laboratorio, la pur “Suprema” Corte di Cassazione? Dovrebbero cominciare le opposizioni, di ogni grado e colore, insieme o per singole “tende” sistemate dalla fantasia di Goffredo Bettini nel loro “campo largo”, rinunciando ad appendersi alla Cassazione come ad una stampella per fare, anzi per proseguire la loro guerra al governo. Potrebbe quindi seguire tutto il resto, per quanto grossa -ripeto- rimanga quella cosa di memoria fanfaniana.

Pubblicato su Libero

Lo sgarbo a Mattarella che Nordio non perdona alla Cassazione

“Incredulo” sin dal primo momento della diffusione di un lungo documento critico dell’Ufficio Massimario della Corte di Cassazione sulla legge della sicurezza appena approvata dalle Camere convertendone il decreto, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha voluto tornare sull’argomento in una intervista al Messaggero. Peraltro successiva a due della “grandissima magistrata e mia amica” -ha precisato il Guardasigilli- Margherita Cassano, prima presidente uscente della Corte di Cassazione. Che, stupita della meraviglia dell’amico, presumendosi la reciprocità del rapporto rivelato da Nordio, aveva difeso a spada tratta, parlandone al Corriere della Sera e alla Stampa, quel documento per i suoi aspetti non giurisdizionali ma analitici, finalizzati solo a fornire elementi di valutazione dentro e fuori la Cassazione.

         Nordio ha opposto a questa visione del documento e, più in generale, dell’accaduto una valutazione spietatamente -direi- politica, nel ruolo di governo che ricopre, e giuridica nel ruolo a lungo esercitato di magistrato. E ha continuato a vedere nelle critiche formulate da un ufficio pur non giurisdizionale, ripeto, della Cassazione una sostanziale invasione di campo. Di più, uno sgarbo -una “irriverenza”, ha detto- al presidente della Repubblica, nonché presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. E un “oltraggio” al Parlamento.

         Uno sgarbo al Capo dello Stato, che non aveva ravvisato nel decreto legge sottoposto alla sua firma quella mancanza dei requisiti di necessità e urgenza lamentata invece nel documento del Massimario della Cassazione. Documento peraltro definito “della Cassazione”, direttamente, dalla segretaria del Pd Elly Schlein imbracciandolo come un’arma in un salotto televisivo contro il governo.

         Certo, la valutazione del capo dello Stato non pregiudica le prerogative della Corte Costituzionale, titolare esclusiva del giudizio di legittimità di una legge. Esclusiva rispetto ad ogni altro organo, e tanto più di un “ufficio” d’archivio, di analisi, di studio della pur Suprema Corte di Cassazione. Che è tenuto quanto meno al rispetto, ripeto, delle valutazioni del presidente della Repubblica, peraltro decisive per il percorso di un decreto legge e per la promulgazione ed applicabilità di qualsiasi legge.

         L’oltraggio del Parlamento lamentato dal ministro della Giustizia non è meno inquietante della “irriverenza” verso il Presidente della Repubblica. Un oltraggio che è poi il sottofondo -perché negarlo?- della contestazione di carattere persino sindacale del Parlamento – con scioperi e simili- alla prese legittime con altrettanto legittime proposte di riforma costituzionale, sulla separazione delle carriere giudiziarie e altro. A proposito della quale riforma sarebbe interessante sapere se non esiste già un documento di analisi riservatale dall’Ufficio del Massimario della Cassazione, o della Cassazione tout court, come dice -ripeto- la segretaria del principale partito di opposizione.

Pubblicato sul Dubbio

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