
L’opposto dei famosi scherzi da prete, intesi come sorprese generalmente fastidiose, se non di cattivo gusto, può essere costituito dagli scherzi da ospite. Come se ne sono visti nell’edizione appena conclusa, al Circo Massimo di Roma, della festa annuale della destra italiana che porta il nome di Atreju.

L’ospite più illustre questa volta è stato il presidente argentino Javier Milei: quello della motosega che ha entusiasmato il “popolo” della Meloni pur dicendogli cose alle quali esso non era abituato, o non era stato evidentemente abituato abbastanza dalla sua leader. Che da due anni e più a Palazzo Chigi rivendica ogni volta che può il primato della politica sui tecnici, sui magistrati, sulle consorterie economiche e finanziarie. E proprio in nome della politica, bollata invece da Milei con linguaggio competitivo col Beppe Grillo dei tempi di maggiore successo, volle andare da presidente del Consiglio ad omaggiare in una mostra a Roma la memoria di Enrico Berlinguer, apponendo sul registro la certificazione della comune pratica di un’arte o attività per niente esecrabile.
Un’esperta di umori e sentimenti di destra come la ex direttrice del Secolo d’Italia Flavia Perina ha raccontato e testimoniato sulla Stampa con la solita brillantezzail miracolo che ha saputo compiere Milei parlando da populista al Circo Massimo.
Milei tuttavia, senza volergli mancare di rispetto e persino di una certa simpatia per le origini familiari italiane, è stato superato al Circo Massimo da Giuseppe Conte. Che, invitato da oppositore, ne è uscito non dico da sostenitore -per quel suo non nuovo rifiuto di cavalcare l’antifascismo contro il governo, come fanno gli altri avversari della Meloni, sino a proporla nei manifesti al bacio della buonanima di Mussolini- ma quanto meno da certificatore della sua stabilità. E del suo diritto di sentirsi al sicuro per la metà che resta della corrente legislatura e forse di quella intera che seguirà.

In particolare, parlando del Pd come ne ha parlato, e inorridendo all’idea di un’alleanza “organica” con esso, come si dice generalmente di un rapporto fra partiti decisi a governare insieme per realizzare un programma concordato, Conte ha vestito da introvabile Araba fenice la tanto decantata, minacciata, perseguita alternativa al centrodestra. Un’alternativa, a questo punto, importa poco se comprensiva o no, e in quale forma, di quell’altra Araba fenice che è il Centro, rigorosamente con la maiuscola. Alla cui culla si sporgono o si offrono nelle vesti più diverse troppi aspiranti assistenti, federatori e quant’altro. Qualcuno addirittura autoesploso rinunciando a quello che ha per protestare contro i critici o per meglio aspirare -chissà- a diventare quello che vuole. E che la segretaria del Pd Elly Schlein potrebbe temere più che desiderare, nonostante l’incoraggiamento ottenuto sui social da un video mandatole da Pier Ferdinando Casini e che lei ha scherzosamente contribuito a diffondere, baciata da lui che è l’ospite più centrista del partito del Nazareno, eletto al Senato nelle sue liste.
Pubblicato sul Dubbio




























