Tregua in Libano, forse anche a Milano, ma non sotto le 5 Stelle

Le fiamme di Corvetto

Tregua dunque in Libano. Forse a anche a Milano, nella periferia di Corvetto messa a fuoco come se fosse una banlieu parigina. Ma non sotto le 5 Stelle, con le maiuscole anagrafiche dell’omonimo movimento politico, contese tra il fondatore superstite Beppe Grillo e il presidente Giuseppe Conte, deciso ad esserlo anche di fatto e non solo di nome.      

Giuseppe Conte ai cinque minuti di Bruno Vespa

Con la cravatta tornata al suo posto, come ai primi tempi della eleganza da cattedra universitaria, studio legale e Palazzo Chigi, nella successione di una carriera davvero imprevista, Conte ha deciso e annunciato di accettare e rilanciare la sfida lanciatagli da Grillo richiamando alle urne digitali i quasi 90 mila iscritti residui al movimento, dai 160 mila che erano ancora a giugno. Essi dovranno ribadire il no dei giorni scorsi alla figura del garante, annessi e connessi, rischiando questa volta di non raggiungere il cosiddetto quorum, cioè la  partecipazione della maggioranza più uno degli aventi diritto al voto, perché a farlo mancare basterebbero i circa 15 mila che nell’altra votazione hanno votato a favore di Grillo. Il quale ora li vorrebbe assenti appunto per vanificare il voto, sconfiggere Conte e costringerlo alle dimissioni.

Il secondo turno elettorale, chiamiamolo così, fissato dal 5 all’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, è stato preteso da Grillo anche con la garanzia di una commissione di “osservatori”, per fortuna -almeno sino al momento in cui scrivo- solo nazionali e non ancora internazionali. Come si fa nei paesi dove si ritiene compromessa la democrazia e si cerca quindi di presidiare al meglio quello che  ne resta.

Dal Corriere della Sera

Nel clima di guerra sotto le stelle si esercitano nel racconto, nel commento e nell’analisi anche giornalisti e storici adusi ad occuparsi di guerre ridondanti di fiamme, morti e feriti. Come il mio amico Paolo Mieli, che oggi ha dedicato il suo editoriale sul Corriere della Sera non al Medio Oriente, non all’Ucraina ma appunto a Grillo e a Conte impegnati nell’”ultima partita” del sinora unico loro movimento. Che è assai ridotto di voti, a livello nazionale e locale, ma non di liti interne e confusione anagrafica. Come quella di un “progressismo indipendente” dalla sinistra, dove pure esso è generalmente classificato.

dal blog di Beppe Grillo

Dei due, Conte è quello che parla di più, disposto a raggiungere tutti i salotti televisivi, e non, che lo invitano. Grillo invece emette le sue fatwa e si sottrae ad ogni intervista. O, peggio, pur nella comprensione che si deve ai genovesi notoriamente sensibili al guadagno, reclama di essere retribuito anche nel gioco delle domande e delle risposte, come nelle prestazioni da consulente della comunicazione nel movimento. Le tariffe delle interviste, doverosamente “scritte”, sono affisse, diciamo così, nello stesso blog dell’elevato: 2000 euro a domanda per un minimo di cinque, quante sono le stelle del firmamento del comico prestatosi forse per troppo tempo, e non senza danni, alla politica italiana.              

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