La rivolta di Grillo contro gli iscritti alle 5 Stelle che lo hanno licenziato

Da Repubblica

         Oltre all’ira di Giuseppe Conte, che ha parlato di “sabotaggio” senza però poterlo impedire, Beppe Grillo con la richiesta consentitagli dallo statuto delle 5 Stelle ancora in vigore di ripetere le votazioni che lo hanno detronizzato ha scatenato la fantasia dei titolisti e dei vignettisti. Il più brillante dei quali mi è sembrato Stefano Rolli, che sulla prima pagina del Secolo XIX ha paragonato il bis digitale reclamato dal garante sostanzialmente deposto a quello che nessuno più gli chiede ormai come comico negli spettacoli. Compreso, direi, quello più autobiografico da lui stesso intitolato “Io sono il peggiore”.

Dal Fatto Quotidiano

         Il “Vaffa-bis”, come lo ha chiamato l’insospettabile Fatto Quotidiano inseguendolo sulla strada della comicità e del sarcasmo, temo che non faccia di Beppe Grillo il “garante vietcong” su cui ha scherzato generosamente anche Il Foglio dopo gli applausi di Giuliano Ferrara agli iscritti che hanno votato contro di lui nel quasi congresso digitale del movimento appena concluso. Ma più semplicemente e per lui drammaticamente anche un comico ormai esaurito, spento, tramontato e quant’altro. Un comico che ormai non fa ridere neppure lo spettatore più ingenuo o sprovveduto o, all’opposto, cinico. Anche fra quelli che ancora aprono e consultano il blog personale di Grillo e si vedono riproporre cose come quella forse sfuggita più di due anni fa, esattamente il 20 aprile 2022, quando fu lanciata in rete la prima volta.

Dal blog di Beppe Grillo

         “Il Re dei ratti” è il titolo di quella originale e originaria ricerca proposta da Grillo sopra una foto orribile, su sfondo rosso, di topi con  le loro code intrecciate,  scrivendo dei tanti modi che esistono, o possono esistere, per resistere “in apnea”. Dove -con la richiesta di ripetere votazioni sospettate di irregolarità, a parte il gusto riconosciutogli o concessogli dallo statuto di avanzarla e ottenerla- penso che Grillo si trovi ormai senza maschera e respiratore  nel movimento che fondò nel 2006 con Gianroberto Casaleggio. Alla cui morte lui pensò di esserne rimasto l’unico ed eterno proprietario. Un movimento ormai liquido, appunto, che Giuseppe Conte rischia peraltro di fare diventare ora gassoso collocandosi coriacemente -come gli riconosce il piddino Goffredo Bettini- nel campo dei progressisti ma “indipendente”. Cioè distinto e distante dalla sinistra, direbbe il compianto Francesco Cossiga ripetendo la formulazione che diede della sua stessa posizione rispetto alla coalizione dell’Ulivo quando da presidente emerito della Repubblica promosse la formazione della maggioranza del primo dei due brevi governi di Massimo D’Alema, nel lontano 1998.

Dall’Unità

         Un esperto e ancora orgogliosamente partecipe della sinistra come il mio amico Piero Sansonetti, pur in dissenso dal giustizialismo dei compagni del suo ex Pci,  ha così titolato oggi sulla sua rinata Unità la posizione politica del presidente delle 5 Stelle: “Non sono di sinistra”.  Vince il progressismo (qualunquista) di Conte”. Quasi un epitaffio, sia pure politico.

Ripreso da http://www.startmag.it

Il Grillo che scherza coi santi, non bastandogli i fanti……

Dal Dubbio

Anche nella sconfitta politica e umana inflittagli dal quasi congresso digitale del MoVimento 5 Stelle, che lo ha detronizzato da garante, elevato e quant’altro, e contestato il limite per lui irrinunciabile dei due mandati per gli aspiranti alle elezioni, Beppe Grillo non ha voluto rinunciare al suo ruolo di comico, del resto professionale. E ha finito per superare se stesso con un intreccio, a dir poco, di paradossi che forse gli avrebbe risparmiato Gianroberto Casaleggio se fosse ancora vivo.

         In particolare, Grillo ha riesumato nella sua polemica con Giuseppe Conte e seguaci la figura negativa del gesuita contrapponendola a quella positiva del francescano: tanto astuto, attaccato al potere, falso il primo quanto generoso e aperto l’altro, sino a sconfinare nella ingenuità.

         Eppure è felicemente regnante un Papa eccezionalmente gesuita che ha voluto assumere, sul trono di Pietro, il nome di Francesco: il primo nella storia della Chiesa, anche dopo la morte e la santificazione del frate di Assisi. Ci sarà rimasto male il povero Papa, con tutti i guai peraltro che ha, a vedersi trattato sia pure metaforicamente, o cripticamente, come si dice di solito delle sortite di Grillo, in un modo così irrispettoso, a dir poco, dal garante pur residuo di un movimento politico italiano.

         Il Conte “gesuita” strapazzato da Grillo insieme con tutti quelli che lo hanno preferito e preferiscono a lui è lo stesso noto per la sua devozione al francescanissimo e santo Padre Pio, nonché nipote di un frate francescano, se non ricordo male, con i gradi.  Al cui affetto e ai cui consigli ricorse il professore e avvocato pugliese quando gli capitò di diventare presidente del Consiglio. Il che avvenne fra la sorpresa dello stesso Grillo al massimo del suo potere, lasciatosi convincere al sì dalla più paradossale delle ragioni da lui stesso raccontata: non riusciva a comprendere discorsi e ragionamenti di Conte, trovandoli perciò adattissimi alla politica, pure sotto le stelle.

Pubblicato sul Dubbio

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