La guerra immaginaria nel governo sul vertice dell’Arma dei Carabinieri. Perduta addirittura dalla premier

Il generale Teo Luzi, comandante uscente dell’Arma dei Carabinieri

         Sulla più naturale e logica delle proposte, quella del ministro della Difesa Guido Crosetto, il governo ha disposto, all’unanimità e senza un minuto di discussione, come precisato dallo stesso Crosetto, il più naturale e logico degli avvicendamenti al vertice dell’Arma dei Carabinieri per la più naturale e logica delle scadenze. Al posto dell’uscente generale Teo Luzi è stato nominato il suo vice, e generale di Corpo d’Armata, Salvatore Luongo.

         Eppure per qualche settimana si è svolta su alcuni giornali italiani, il più combattivo e ostinato quello di Carlo De Benedetti –Domani- con interventi dello stesso direttore Emiliano Fittipaldi, a colpi di retroscena e simili, una guerra all’interno del governo. Tutto svanito in Consiglio dei Ministri in un attimo.

Il titolo di Domani, a pagina 5

         La ritorsione, chiamiamola così, del giornale di De Benedetti è consistita nel declassamento, dalla prima a pagina 5, della notizia della guerra perduta addirittura dalla premier e dal suo principale sottosegretario Alfredo Mantovano. “Crosetto- dice il titolo di Domani– vince la sua battaglia. Luongo comandante dell’Arma”. E nel sommario, come si dice in gergo tecnico: “Il ministro della Difesa ha portato a casa la scelta del generale su cui aveva puntato da tempo. Mantovano esce sconfitto. Evitata la figuraccia di un lungo stallo che impensieriva il Quirinale”.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto

         Tutto molto interessante, intrigante, pittoresco se fosse stato minimamente vero. Le migliori vittorie, potrebbe dire il ministro della Difesa, sono quelle che si conseguono senza avere avuto neppure il bisogno o la scomodità di combatterle.

         Al generale Luzi che lascia e al generale Luongo che gli succede anche i miei ringraziamenti e auguri, rispettivamente, di carattere umilmente personale: niente, sotto lo zero, rispetto a quelli delle Autorità, con la dovuta maiuscola, sia vincenti che perdenti secondo la rappresentazione immaginaria dell’ancor più immaginaria guerra appena conclusa a Palazzo Chigi e dintorni.

Ripreso da http://www.startmag.it

Elon Musk dagli Stati Uniti mette a soqquadro la politica in Italia

Elon Musk con Giorgia Meloni

L’ultimo italiano a dichiarare follemente guerra agli Stati Uniti per inseguire Hitler nella corsa all’Inferno fu Benito Mussolini. L’ultimo, ripeto. Non il penultimo, come un ingenuo potrebbe pensare leggendo le cronache politiche che riferiscono delle forti proteste levatesi dall’Italia, fra opposizioni, associazioni sindacali, organi istituzionali come il Consiglio Superiore della Magistratura, sia pure solo attraverso le dichiarazioni di un suo esponente, contro il miliardario americano e sostenitore di Donald Trump, che lo porterà nel nuovo governo, Elon Musk. Il quale ha anche l’inconveniente, dalle nostre parti, di essere diventato amico e ammiratore della premier Giorgia Meloni e del suo partito, ricambiato naturalmente di simpatia al punto che la presidente del Consiglio ha preferito farsi consegnare di recente proprio da lui negli Stati Uniti un premio conferitole dall’Atlantic Council. 

Elon Musk con Donald Trump

         Con questi precedenti, chiamiamoli così, un tweet di Musk contro i giudici italiani –“se ne devono andare”- che disapplicano o comunque contrastano le norme di legge e gli atti amministrativi di contrasto, a loro volta, dell’immigrazione clandestina ha provocato il finimondo dalle nostre parti. Un finimondo, con proteste contro la “sovranità” italiana violata o solo minacciata, anche per l’estensione delle critiche di Musk alle organizzazioni “criminali” che si dividono, diciamo così, fra soccorsi ai migranti in mare e  ai trafficanti che ci guadagnano sopra.

La vignetta del Corriere della Sera

         Il consigliere, collaboratore e quant’altro di Trump uscito vincitore della corsa alla Casa Bianca, tornandovi dal 20 gennaio, ha espresso i suoi giudizi non informandosi con le vignette dei giornali italiani -l’ultima è quella di oggi del  Corriere della Sera  sui migranti che vengono portati in Albania per il disbrigo delle loro pratiche e rimandati in Italia dai giudici di Roma- ma con le cronache vere. Che non solo a Musk ma alla maggioranza degli elettori americani appena espressasi nelle urne debbono sembrare incredibili, abituati come sono da quelle parti a vedere innalzare muri veri e propri, lungo le frontiere, per contrastare l’immigrazione clandestina.

Claudio Cerasa sul Foglio

         Il solito conformismo, un senso frainteso del politicamente corretto, ha indotto anche qualche analista solitamente critico di certa magistratura italiana a prendere le distanze da Musk. Sul Foglio, per esempio, il direttore Claudio Cerasa ha chiesto ad esponenti del governo e della maggioranza di “rimettere al suo posto” l’amico americano, pur ammettendo che la sinistra appoggia “ingerenze” straniere di segno opposto quando cercano di danneggiare la destra al governo.

Alessandro Barbano sul Dubbio

         Sul Dubbio il buon Alessandro Barbano ha servito il caffè ai lettori scrivendo che “sottrarsi all’assedio delle toghe per finire nelle grinfie di un triliardario, espressione di una tecnocrazia rapace, non è certamente l’augurio che può farsi alla politica italiana”.   

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