Aspettando il voto americano, chissà se col naso turato degli italiani di Montanelli….

Donald Trump e Kamala Harris, i contendenti

A leggere e sentire cronache e analisi dagli e sugli Stati Uniti alle urne, nonostante le immagini da festa nei raduni sia di Donald Trump sia della sua antagonista Kamala Harris nella corsa alla Casa Bianca, si potrebbe pensare che gli americani finiscano oggi di andare alle urne col naso turato. Come la buonanima di Indro Montanelli spinse una cinquantina d’anni fa gli italiani al voto soccorrendo la Dc -lui, laico incallito- nel rischio di sorpasso da parte del Pci.

La Dc in questo caso d’oltre Oceano dovrebbe avere il volto dell’Harris, vice presidente uscente, e il Pci il volto di Trump, anche se l’ex presidente statunitense di rosso ha solo le cravatte che predilige e la faccia quando grida e insulta avversari veri o solo immaginari, sembrando per il resto abbastanza nero, inteso naturalmente come uomo di destra, non di colore. Addirittura ammiratore di Hitler e dei suoi generali, come ha raccontato un ex collaboratore o amico.  

Dal manifesto

         Ma davvero l’America è allo stadio emotivo e politico di chi la racconta sui giornali sbandierando titoli da cardiopalma? Dall’”ultimo votoal “fiato sospeso”, dal “giorno del giudizio” al “Thriller”, dagli “spaccati” agli spacciati sia se Trump dovesse vincere sia se dovesse perdere, visto che non sopporta le sconfitte e si è già mostrato capace di tutto per contestarle.

Dalla Ragione

  Mah.  Come tutti i budini anche quelli di Trump e della sua antagonista vanno mangiati per provarli davvero e giudicarli. E ci sarà tempo per farlo, peraltro in un Paese che per le sue dimensioni, i suoi fusi orari, le sue abitudini ha tempi più lunghi di quelli ai quali siano abituati in Italia, e in Europa.

Dal Messaggero

Anche le notti elettorali negli Stati Uniti sono più lunghe delle nostre. Il mondo sopravviverà anche alle invettive di Trump e alle risate della Harris che l’hanno tanto esposta al sarcasmo di analisti e imitatori.  

Si chiama De Luca ma resta Conte l’incubo vero di Elly Schlein

Dal Dubbio

E’ doppia la partita che la segretaria del Pd Elly Schlein ha deciso di giocare contro un terzo mandato di Vincenzo De Luca al vertice della regione Campania, ribadendo la sua contrarietà nel nuovo salotto televisivo di Fabio Fazio sotto le vecchie insegne della meteorologia politica.

Una partita è interna allo stesso Pd, dopo che De Luca è riuscito a spaccarne il gruppo nel Consiglio regionale. Dove la Schlein ha finito per trovarsi in forte minoranza nel contrastare da Roma una legge regionale che sta per fissare sì a livello regionale il limite dei due mandati, ma facendolo scattare da adesso, per cui il governatore uscente potrebbe riproporsi di nuovo.

La Schlein ha detto no a questa furbizia e reclamato la rinuncia del “ribelle”, concedendogli solo il diritto di contribuire alla scelta del candidato alla sua successione. Ma De Luca ha già respinto questa ipotesi nei mesi scorsi dicendo che si ricandiderà in ogni caso, anche contro il Pd: non so  francamente se più sicuro di vincere lo stesso, creando attorno a sè una specie di terzo polo, o più contento di procurare al Nazareno una sconfitta, potendo a quel punto vincere invece il centrodestra.

L’altra partita è giocata dalla Schlein all’esterno del Pd, ma all’interno dello schieramento alternativo al centrodestra che ancora lei persegue contando sul MoVimento 5 Stelle. Dove la disponibilità a livello regionale a questo punto non è condizionata solo dall’esclusione del partito di Matteo Renzi, com’è appena accaduto in Liguria anche a costo di perdere le elezioni, e portare il movimento sotto il 5 per cento dei voti, a livello cioè di un cespuglio rispetto al Pd salito al 28 per cento. In Campania la disponibilità di Conte, sostanzialmente anticipata qualche giorno fa da Marco Travaglio in un editoriale sul Fatto Quotidiano, dipende dal coraggio che la Schlein avrà sino in fondo di rompere col “cacicco” De Luca. Così come Conte ha voluto o saputo rompere nel suo movimento col fondatore e tuttora garante Beppe Grillo. Che così è stato degradato anche  lui a “cacicco” sotto le sue 5 Stelle, o come diavolo potranno o dovranno chiamarsi dopo l’assemblea costituente dell’ultima settimana di questo mese.

Elly Schlein nel salotto televisivo di Fabio Fazio

Questo paradossale parallelismo fra Beppe Grillo e Vincenzo De Luca, così diversi sotto tanti aspetti ma uguali nella pratica del “vaffanculismo”, chiamiamola così con tutte le scuse dovute ai lettori, è una dannata complicazione per la Schlein al Nazareno. Dove anche critici e avversari di De Luca potrebbero non gradire l’idea che per liberarsene come governatore regionale il Pd debba andare a rimorchio di Conte, pure ora che l’ex premier si è ridotto elettoralmente al lumicino. Ed è anche su questo che forse De Luca conta per resistere alla Schlein del salotto di Fazio, sapendo peraltro che ha più tempo lui a disposizione che la segretaria del suo partito.

Le elezioni regionali in Campania sono programmate in un 2025 tanto avanzato, essendosi le precedenti svoltesi nel mese di settembre del 2020, da potere addirittura slittare ai primi mesi del 2026. E chissà nel frattempo che cosa sarà potuto accadere nel Pd e dintorni, a livello campano e persino nazionale.

Pubblicato sul Dubbio

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