L’attrazione per niente fatale fra Giuseppe Conte ed Elly Schlein

Alessandra Ghisleri

Anche se in alcune fotografie sembrano entrambi attratti anche fisicamente, in deroga alle loro a abitudini, Giuseppe Conte ed Elly Schlein restano non dico agli antipodi, ma quasi, uno all’estremo dell’altra nel campo dell’alternativa, come preferisce chiamarlo Pier Luigi Bersani non riuscendo neppure lui a valutarne, pur con tutta l’esperienza che ha, la dimensione. E una sondaggista pur esperta come Alessandra Ghisleri, parlandone alla Verità di Maurizio Belpietro, ha mostrato di esserne sorpresa anche perché- ha detto- “i loro elettori risultano avere delle affinità elettive maggiori su molte questioni”. E poi -ha ricordato- “tanti sono gli elettori del M5S che hanno partecipato alle primarie favorendo la vittoria dell’attuale segretario” del Pd sul candidato preferito dagli iscritti, che fu un anno e mezzo fa Stefano Bonaccini, compensato poi nella sconfitta con la presidenza del partito.

Beppe Grillo

         Ne sono accadute però di cose da allora per potere considerare superato il quadro, rimasto negli occhi e nell’immaginazione della Ghisleri, dei grillini in fila davanti ai gazebo del Pd per far vincere la partita del Nazareno alla Schlein. Chissà quanti di quegli elettori prestatisi ad un partito col quale si era consumata l’anno prima una rottura profonda, particolarmente per i rapporti con l’allora presidente del Consiglio Mario Draghi, rifarebbero oggi quella scelta. E non solo perché il fondatore, garante e quant’altro del movimento delle cinque stelle, Beppe Grillo, si è messo sul piede di guerra per impedire anche l’alleanza col Pd, e non solo un eventuale cambiamento di nome e di simbolo, e la rinuncia al limite dei due mandati elettivi.

         Lo stesso Conte è diventato più diffidente per essere stato distanziato elettoralmente dalla Schlein, e conseguentemente dalla sua ambizione, pur negata a parole nelle interviste o altre sortite nelle feste politiche, di tornare a Palazzo Chigi dopo esserne stato allontanato nel 2021 in un giallo scritto e intitolato “Conticidio” dal biografo, ammiratore, credo anche amico Marco Travaglio. Che peraltro diffida della Schlein ancora più dell’ex presidente del Consiglio, secondo solo alla buonanima di Cavour nella storia d’Italia.

Il sondaggio Demos per Repubblica

         Il sospetto che quelle file, reali o immaginarie, di elettori grillini ai gazebo del Pd per aiutare la Schlein a conquistarne la segreteria siano irripetibili è confermato da un sondaggio appena effettuato da Demos per Repubblica da cui traspare il gradimento solo di una minoranza degli intenzionati a votare per le cinque stelle, o cos’altro diventeranno o si chiameranno in caso di scissione, verso lo scenario di un’alleanza col Nazareno oltre i limiti delle convergenze locali.

Elly Schlein a Repubblica

         Invitata dalla stessa Repubblica a commentare i risultati del sondaggio Demos, la Schlein ha fatto finta non avere sentito e capito ripetendo il ritornello della sua “testarda convinzione unitaria che le alleanze si costruiscano” con un lavoro “insieme sui temi, più tra le persone che nelle stanze della politica”.

Ripreso da http://www.startmag.it il 29 settembre

Cosa ha risparmiato all’Italia una destra estrema come quella tedesca

Dal Dubbio

Anche i più critici e preoccupati della destra italiana guidata da Giorgia Meloni -alla quale non perdonano la fiamma missina, peraltro lasciata nel simbolo anche dell’Alleanza Nazionale da Gianfranco Fini uscendo a Fiuggi dalla “casa del padre”, che politicamente era stato per lui Giorgio Almirante- debbono riconoscere la grande differenza che c’è rispetto alla destra tedesca. Dichiaratamente conservatrice, e quindi moderata, l’una e dichiaratamente, orgogliosamente estremistica l’altra, sino all’esaltazione del nazismo. Entrambe di una ormai simile consistenza elettorale, avendo la destra tedesca appena raggiunto nel Brandeburgo il quasi 30 per cento dei voti che i fratelli d’Italia raccolgono nei sondaggi a livello nazionale.

Giorgia Meloni all’Onu

         Ci sarebbe da chiedersi -ma pochi lo fanno in Italia, nessuno a sinistra forse per non apparire abbastanza antimeloniano, o antifascista nell’accezione più severa da quelle parti- perché la destra italiana sia riuscita a crescere moderandosi e quella tedesca stia crescendo, da un turno elettorale all’altro, di ogni livello, estremizzandosi sempre di più, persino sfacciatamente.

Olaf Scholz

         In genere, essendo al governo col cancelliere Olaf Sholz e rischiando quindi di più, i socialisti appaiono a molti i responsabili in Germania del bubbone nero. Ma non è giusto prendersela solo o soprattutto con loro, che non avrebbero saputo cogliere gli umori dell’elettorato e fronteggiarne costruttivamente la protesta -dalla richiesta di sicurezza alla paura di perdere il benessere – con una politica adeguata.

Prima ancora dei socialisti andrebbero indicati all’origine del fenomeno dell’Afd i democristiani tedeschi, per quanto la loro leader Angela Dorothea Merkel sia passata già in vita alla storia, a 70 anni appena compiuti, come la più grande statista della Germania democratica dopo Konrad Adenauer.

Angela Merkel

         E’ stata la Merkel, prima ancora -ripeto- del suo successore Scholz alla Cancelleria di Berlino, a non accorgersi di quanto le stesse accadendo intorno politicamente nel suo Paese. Lei ha compiuto verso la destra tedesca quell’errore di sottovalutazione, e di scarsa sagacia politica, evitato in Italia ai suoi tempi da una Dc pur spesso guardata con una certa supponenza dall’omologa Cdu germanica.

         I democristiani di Alcide De Gasperi, di Amintore Fanfani, di Aldo Moro, di Giulio Andreotti seppero contenere elettoralmente i missini anche nei momenti di maggiore spostamento a sinistra dello scudo crociato.

Giulio Andreotti e Aldo Moro

La buonanima di Andreotti scherzava sui voti “in libera uscita” ogni tanto dal suo partito alla destra almirantiana, scommettendo sul loro “ritorno a casa”, prima o dopo. E vinceva generalmente la scommessa, non perdendo credibilità a destra neppure quando si assunse volentieri il compito di guidare ben due governi, per giunta monocolori democristiani, fra il 1976 e il 1979, sostenuti in modo determinante dal Pci di Enrico Berlinguer: prima con l’astensione e poi con una fiducia concordata con tanto di programma. E spingendosi una volta con i comunisti, nella crisi di governo del 1978, oltre Moro. Che pochi giorni prima di essere rapito dai brigatisi rossi gli aveva impedito di imbarcare nel secondo dei due governi di cosiddetta “solidarietà nazionale” un paio di indipendenti di sinistra eletti nelle liste comuniste.

         Finita la Dc, anch’essa sotto la ghigliottina giudiziaria di Tangentopoli, l’opera di prevenzione, contenimento e quant’altro della destra proseguì col vero partito riuscito a ereditarne maggiormente i voti.  Che fu non tanto il Partito Popolare riaperto da Mino Martinazzoli alla vigilia delle elezioni anticipate del 1994, e neppure oggi il Partito Democratico, dove sono confluite soprattutto le nomenclature residue della Dc e del Pci, ma la Forza Italia improvvisata più di trent’anni fa da Silvio Berlusconi. Che non a caso prima di entrare, anzi “scendere” in politica, come lui stesso mi confidò una volta, nelle elezioni per la Camera votava per il nostro comune amico Bettino Craxi e per il Senato la Dc, appunto. 

Silvio Berlusconi

         Con la buonanima di Berlusconi la destra italiana entrò nel 1994 insieme nel governo e nel cosiddetto arco costituzionale dalla quale era rimasta anche volontariamente estranea sino ad allora, pur avendo concorso ogni tanto all’elezione del presidente della Repubblica: da Giovanni Gronchi a Giovanni Leone. E avrebbe forse concorso, su invito esplicito dell’allora presidente del Consiglio Craxi, all’elezione di Arnaldo Forlani nel 1985 al Quirinale se lo stesso Forlani, suo vice presidente del Consiglio e presidente della Dc, non avesse rinunciato a correre per lasciare eleggere Francesco Cossiga, preferitogli dalla segreteria democristiana retta da Ciriaco De Mita.

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.startmag.it il 28 settembre

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