Il piatto tiepido della vendetta servito da Sangiuliano alla Boccia

Dal Corriere della Sera

         Non so se più freddo, come da vecchia prescrizione proverbiale, o più tiepido, non essendo la sua vicenda chiusa, almeno sul piano giudiziario dopo le dimissioni presentate da ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano ha servito il suo piatto della vendetta a Maria Rosaria Boccia col materiale, diciamo così, allegato all’’esposto alla Procura della Repubblica di Roma. Un esposto che ha peraltro smentito i retroscena secondo i quali l’ex ministro avrebbe prima ritardato e poi rinunciato alla sua iniziativa per paura di esserne ulteriormente danneggiato per i possibili intrecci fra i suoi sviluppi e la legittima aspirazione che egli ha a riprendere davvero l’attività giornalistica alla Rai. E non solo lo stipendio, il telefonino e l’ufficio che gli sono stati assegnati dall’azienda pubblica radiotelevisiva al termine dell’aspettativa presasi due anni fa con la nomina a ministro.

         Fra il materiale, ripeto, di supporto all’esposto contro la mancata consigliera, nella cui abitazione la Procura ha già eseguito perquisizione e sequestri, ci sono i messaggini telefonici che smentiscono l’umiliazione inferta a Sangiuliano come amante dalla Boccia con la smentita -a suo tempo attribuitale e non smentita a sua volta, scusate la ripetizione delle parole- di avere avuto rapporti sessuali con l’allora ministro. Che pure aveva parlato pubblicamente, al Tg1 prima delle dimissioni irrevocabili, di una relazione “sentimentale” con lei scusandosene con la moglie.

Dalla Stampa

         No. I rapporti sessuali risultano dalle stesse reazioni telefoniche della Boccia, per niente sbigottite, alla domanda fattale da Sangiuliano se fosse incinta di lui. Riporto, tra virgolette, i messaggi fra i due pubblicati dalla Stampa. “Sono arrivato -scrive lui a lei- al punto di non farmi problemi se tu fossi incinta di me, anzi sarei stato felicissimo”. “Sarai libero -gli risponde pur non immediatamente lei- di viverti questa esperienza come vorrai nel rispetto di tuo figlio”.

Vittorio Feltri sul Giornale

         Insomma Sangiuliano non è stato uno spasimante respinto. Nel suo piccolo, diciamo così in senso lato, è stato un amante a tutti gli effetti, per niente platonico. “Un maschio -ha scritto di lui il collega ed amico Vittorio Feltri sul Giornale– vittima di violenza e di manipolazione da parte di una donna tutt’altro che sciocca e credulona, una donna adulta e vaccinata, di 41 anni, la quale risulta abbia già fatto uso della strategia della finta gravidanza in passato, una donna che aveva scopi e obiettivi precisi e chiari e che si è probabilmente finta innamorata e coinvolta per raggiungerli”.  Mancando tuttavia l’obbiettivo.

         Bentornato, Gennaro, fra le benemerite o sfortunate vittime delle infedeltà sessuali, secondo i gusti culturali e/o antropologici. Ma spero che tu non ceda a questo punto anche alla tentazione di rispondere ad una telefonata di solidarietà del generale ed europarlamentare Roberto Vannacci: quello che vuole folgorare il “mondo al contrario” che vede un po’ troppo dappertutto.   

Prodi ammette che l’alternativa alla Meloni non c’è e punzecchia la Schlein

Da Libero

Ospite di Lilli Gruber, il due volte ex presidente del Consiglio Romano Prodi, ed ex presidente della Commissione europea per una, non si è certamente sottratto alle critiche alla Meloni sollecitategli dai due giornalisti invitati all’incontro, spiazzandoli tuttavia col riconoscimento che la premier “ci sa fare”. E non vive quindi solo della rendita procuratale dalla mancanza, da lui sconsolatamente sottolineata più volte, di un’alternativa al suo governo e alla sua maggioranza, per quanti problemi possano avere l’uno e l’altra sia nelle dimensioni reali ma ancor più, direi, in quelle immaginate e raccontate dagli avversari letteralmente ossessionati dalla prospettiva di una legislatura dall’epilogo ordinario. Che è cominciata due anni fa e sembra destinata a durare sino al 2027: un’eternità per gli abituati alla instabilità e alle elezioni anticipate      fra prima, seconda, terza e quarta Repubblica, per fermarci ai conteggi delle trasmissioni televisive. Quarta, appunto, si chiama quella che ci racconta ogni settimana l’ottimo Nicola Porro da Retequattro.

         Nella consapevolezza, probabilmente, proprio di questa inedita stabilità Prodi è diventato impaziente parlando della segretaria Elly Schlein, che pure gli è simpatica non foss’altro per avere lei esordito politicamente con le occupazioni delle sedi del Pd predicate nel 2013 per protesta contro i parlamentari del partito allora guidato da Pier Luigi Bersani che fecero mancare l’elezione proprio di Prodi al Quirinale. Bastò una sola votazione per affondarlo, dopo il naufragio anche del primo candidato del Nazareno e allora presidente del Pd Franco Marini.

         Alla Schlein – già incoraggiata nei mesi scorsi dall’ex presidente del Consiglio a fare la “federatrice” di un’alleanza alternativa al centrodestra, o destra-centro, di Giorgia Meloni- il professore emiliano ha chiesto di invertire tempi e modalità del suo percorso. Piuttosto che allargare con i nomi e le sigle il campo dell’alternativa, la Schlein dovrebbe attrezzarsi di un “trattore”, ha detto Prodi parlando del “programma” di cui una coalizione ha bisogno per proporsi agli elettori in modo a dir poco normale, logico.

         Ciò ci porta al famoso discorso sull’uovo e la gallina. Chi viene prima? L’uovo, evidentemente, secondo Prodi. Che tuttavia ha un’esperienza personale che lo contraddice, e pure clamorosamente.

         Reduce da un’esperienza alla presidenza della Commissione europea procuratagli praticamente da Massimo D’Alema per rimediare al fatto di averlo sostituito nel 1998 alla guida del governo  con un’operazione tipica di palazzo, sostituendo la sinistra di Fausto Bertinotti con un centro improvvisato dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga arruolando parlamentari eletti nell’area del centrodestra; reduce, dicevo, da quell’esperienza a Bruxelles, Prodi si propose di tornare a Palazzo Chigi aprendo dappertutto in Italia “cantieri” -li chiamò proprio così- per costruire un programma col quale sconfiggere Silvio Berlusconi nelle elezioni ordinarie del 2006. Nacque non un documento ma un volume di più di trecento pagine assegnato come dote ad un’ambiziosissima Unione, estesa da Clemente Mastella al trotzkista Franco Turigliatto. Al quale non potevi parlare della Nato senza sentirti sputare in faccia, o quasi. 

Franco Turigliatto

         Il governo che ne derivò a guida prodiana, dopo un sostanziale pareggio elettorale tradottosi in vittoria dell’Unione fra proteste e denunce di brogli da parte del centrodestra e di Berlusconi in persona, durò esattamente dal 17 maggio 2006 al 24 gennaio 2008. Esso fu travolto un po’ da una grottesca vicenda giudiziaria del ministro della Giustizia Mastella e della famiglia, destinata a sgonfiarsi completamente nei soliti lunghi anni, e un po’ dall’anomalia chiamata Turigliatto. La complessa crisi che seguì alle dimissioni del secondo governo Prodi, con passaggi sia alla Camera sia al Senato, si risolse -dopo un inutile tentativo di soluzione affidato dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano all’allora presidente del Senato Franco Marini- nelle elezioni anticipate del 13 e 14 aprile 2008.  Che furono non vinte ma stravinte dal centrodestra con più del 47 per cento dei voti contro il 38 per cento capitalizzato dal Pd di Walter Veltroni alleatosi solo con Antonio Di Pietro.

Preistoria, direte pensando anche al ritorno di Veltroni al giornalismo e dintorni e di Di Pietro alla campagna e dintorni, pure lui, su un trattore vero, con tanto di fotografie sui giornali, non con quello metaforico proposto da Prodi alla Schlein. Ma da allora sono passati solo 16 anni. Preistoria, un corno.

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