L’autunno rovente del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano

L’apertura del Giorno, Resto del Carlino e Nazione

         Va bene che “è la stampa, bellezza, e tu non ci puoi fare niente”, come diceva nel 1952 Humprey Bogart recitando in un celebre film ambientato a Casablanca, ma fa lo stesso una certa impressione vedere i giornali, più d’uno, aprire più o meno vistosamente le loro prime pagine non con “l’autunno bollente di Olaf Scholz”, come ha titolato il manifesto a proposito dei rovesci elettorali a destra del cancelliere tedesco, ma con quello rovente del ministro italiano della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Dal Tempo

Di quest’ultimo si è dovuta occupare in prima persona la premier Giorgia Meloni in una trasmissione televisiva per garantire, fra l’altro, che la controversa, a dir poco, consigliera di Sangiuliano, appunto, non ha consumato neppure un caffè a spese dello Stato.  E per cercare di chiudere con questo il caso, che invece non si è chiuso per niente perché la più volte accompagnatrice del ministro, con tanto di fotografie e riprese televisive, la pompeiana -nel senso di essere di Pompei, nata e residente non fra i celebri scavi- Maria Rosaria Boccia, rivendica le funzioni svolte di consigliera senza alcuna nomina, pur promessale dal ministro. Ma evidentemente bloccata da un giro meno stretto ma più forte, diciamo così, dell’esponente del governo.

Dal Foglio

         In questo fuoco d’estate calante ci sarà, per carità, anche quel “pruriginoso in politica” su cui ha cercato di scherzare Giuliano Ferrara sul Foglio, mentre un collega sulla stessa prima pagina del medesimo  giornale c’informava dei consigli di livello politico di cui potevano vantarsi o lamentavano, secondo i casi, personaggi come Goffredo Bettini e Massimo D’Alema nei rapporti, rispettivamente, con Giuseppe Conte e con la segretaria del Pd Elly Schlein. Ma anche per la prurigine, spintasi nelle cronache alla precisazione che il ministro nelle foto con la Boccia risulta sempre “senza fede” al dito della mano sinistra abituale di un coniugato, penso che possa e debba esserci un limite quando le stesse cronache non sono rosa ma politiche, appunto.

Fausto Coppi e Giulia Occhini

         Da ragazzo, o quasi, mi divertivo alle notizie sulla “dama bianca”, per il colore dell’abito nel quale veniva spesso ripresa, che seguiva nelle corse ciclistiche Fausto Coppi. Da vecchio non mi diverto per niente a leggere di questa dama nera, dall’abito che le risulta addosso in alcune foto, che segue anche lei -e non è detto per le stesse finalità- non un corridore famoso ma un ministro della Cultura che rischia di diventare o rimanere più famoso per questa vicenda che per altre gaffe compiute durante il suo mandato. Dalla Cultura, con la maiuscola, mi aspettavo e mi aspetto francamente di più, e di diverso.

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Ciò che la Meloni può guadagnare a Bruxelles dai guai di Scholz

Dal Dubbio

La Francia di Macron, certo, ancora senza governo due mesi dopo le elezioni anticipate di primo e secondo turno, ma anche la Spagna, la Polonia e soprattutto la Germania di Scholz hanno lavorato più o meno dietro le quinte in questa torrida estate per inchiodare l’Italia alla croce del no degli eurodeputati della destra meloniana alla conferma di Ursula von der Leyen e negarle una vice presidenza nella Commissione di Bruxelles. Specie quando, prima ancora di essere formalizzata con lettera e comunicato, la designazione del commissario italiano si è focalizzata nella persona di Raffaele Fitto. Il cui problema non è la conoscenza o pratica della lingua inglese, su cui si è scherzato o si è fatto retroscena, in vista di quella specie di esame che dovrà superare nel passaggio delle competenti commissioni del Parlamento europeo. E’ piuttosto la sua appartenenza in Italia, ma anche a Strasburgo negli anni passati, proprio al partito di destra della Meloni che ha negato il voto alla conferma della presidente della Commissione.

         Eppure con la Germania, e col suo cancelliere personalmente, la Meloni firmò nell’autunno dell’anno scorso un patto d’azione e di cooperazione addirittura strategica. Con quanta soddisfazione per la presidente tedesca della Commissione, che aveva già instaurato rapporti personali di simpatia e amicizia con la premier italiana, è facile immaginare.

         Al socialista Scholz tuttavia, nonostante gli incontri anche successivi e fotograficamente cordiali con la Meloni, in ogni sede e circostanza, compreso il fantasmagorico G7 in Puglia, la natura e qualifica di destra del partito della premier è sempre andata un po’ di traverso. Ancor più dopo le elezioni europee dello scorso mese di giugno, nelle quali la Meloni ha confermato e consolidato la sua leadership governativa e Scholz invece ha avuto problemi, diciamo così, di tenuta.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz

         La situazione del cancelliere tedesco è peggiorata, a dir poco, con le elezioni regionali della Turingia e della Sassonia e il successo dell’estrema destra, orgogliosamente nazista, rispetto alla quale la destra italiana della premier si può considerare addirittura a sinistra. “La donna della Provvidenza”, ha scritto di lei sul Foglio, pur non citandola, il fondatore Giuliano Ferrara commentando proprio i risultati delle elezioni locali tedesche e raffrontando il quado politico della Germania a quello italiano. Ma anche raccomandando “il classico cero alla Madonna” per avere risparmiato all’Italia “la foresta nera” avvertita in Germania, per esempio, nella titolazione di ieri dalla Stampa.

         A Repubblica vedono Scholz a “rischio di posto”, senza neppure passare per un turno elettorale anticipato, potendo bastare ed avanzare a sostituirlo, per ora, un più popolare collega di partito e di governo, per esempio il ministro attuale della Difesa Boris Pistorius, capace di allontanare meglio e di più il fantasma di Hitler curiosamente cresciuto nella parte ex comunista della Germania ma avvertito anche altrove.

         Di fronte ai problemi di Scholz la Meloni, oltre ad assaporare in segreto un comprensibile senso di rivincita per i trascorsi polemici più o meno recenti, potrebbe ragionevolmente sperare in un allentamento, quanto meno, dell’assedio contro la sua ambizione a completare le deleghe del commissario italiano a Bruxelles con una vice presidenza. Che peraltro le servirebbe in Italia anche per farsi sentire e capire meglio, all’interno della maggioranza e dello stesso governo, da Matteo Salvini sul versante della politica europeistica ed estera, più in generale, vista quella certa confusione che ha accompagnato, tra gialli più o meno cartacei, il vertice del centrodestra a Palazzo Chigi per la ripresa politica dopo le vacanze. Non parliamo poi di Roberto Vannacci, il condottiero della lotta al “mondo al contrario”, scritto e parlato, che lo stesso Salvini sta allevando in casa, cioè nella Lega, come suo concorrente.

Pubblicato sul Dubbio

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