La penultima di Matteo Salvini contro Antonio Tajani sulla cittadinanza

Dal Corriere della Sera

         L’ultima, anzi la penultima del loquacissimo leader della Lega Matteo Salvini, in attesa della prossima dalla stessa Rimini, dove ha parlato ieri, o da chissà quale altra tappa del suo viaggio permanente in Italia tra cantieri e convegni,  non è il confermato no -su cui hanno titolato giornaloni e giornali-  al cosiddetto ius scholae condiviso da Forza Italia per disciplinare le concessioni della cittadinanza. Che, secondo lui, sono già abbondanti nel nostro Paese.

Antonio Tajani

         No, l’ultima anzi penultima di Salvini è quella che, sempre da Rimini, ha sparato davanti ai microfoni e alla telecamere della trasmissione “In onda” della 7, dicendo che la materia della cittadinanza non è così estranea al programma di governo concordato fra i partiti della maggioranza come ritiene il segretario di Forza Italia Antonio Tajani. Che così ha prospettato e prospetta la possibilità di un voto favorevole del suo partito, con le opposizioni, senza compromettere solidità e sorti della coalizione.

Screenshot

  La cittadinanza -ha avvertito Salvini- è un tema non estraneo o persino riconducibile a quello dell’immigrazione che fa parte -eccome- del programma e delle intese di governo. Per cui di fatto il leader leghista e vice presidente del Consiglio ha espresso la certezza che dello ius scholae non si  farà nulla perché -ha lasciato capire- l’altro vice presidente e suo amico Tajani non avrà il coraggio di rompere la maggioranza. Che, peraltro, è anche la convinzione espressa durante la stessa trasmissione della 7, ospite nello studio, da Matteo Renzi nella polemica continua che svolge contro il “re Tentenna” di Forza Italia. Cui egli vorrebbe contendere voti nelle urne pur dal cosiddetto campo largo al quale si è proposto.   

         E’ ancora estate. Un vertice della maggioranza per fare il punto della situazione è stato preannunciato per la fine del mese, ma la situazione nel centrodestra si complica, almeno con le parole. E la premier Giorgia Meloni, alle prese anche con altri problemi, ha della politica una pratica sufficiente a farle avvertire o capire che oltre un certo ottimismo verbale non potrà andare a lungo. E così anche Tajani, a dire il vero. Che peraltro ha appena dichiarato a Repubblica di perseguire sul terreno della cittadinanza una linea tradizionale del suo partito, dai tempi di Silvio Berlusconi, senza correzioni impostegli dai figli.

Tajani a Repubblica

         “La famiglia Berlusconi -ha detto Tajani- non mi ha mai imposto niente. Non chiamano e non condizionano, esprimono singole posizioni, che tra l’altro coincidono con quelle del padre, e che io raccolgo come quelle di veri amici”.

Gasparri al Foglio

         Al Foglio il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri ha detto: “I figli di Berlusconi non interferiscono con le scelte del partito. Abbiamo avuto modo di parlare con Marina e Pier Silvio recentemente. Apprezzano molto ciò che sta facendo Foza Italia, sono stati contenti del risultato delle elezioni. Hanno le loro idee, legittime, ma questo non si riflette automaticamente sul partito”.

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Gianfranco Pasquino boccia l’offensiva contro le sorelle Meloni per le nomine

Dal Dubbio

Come una pasquinata dell’omonima, celeberrima statua parlante della vecchia Roma che troneggia dietro Piazza Navona, Gianfranco Pasquino ha rovesciato una salutare secchiata di buon senso sulle polemiche provocate dall’ipotesi, prospettata dal direttore del Giornale, di un’inchiesta giudiziaria combinata con una campagna politica contro Arianna Meloni, la sorella della premier e dirigente di spicco del suo partito. Che in un eccesso -per me- di difesa ha negato di essersi occupata di nomine e simili di competenza del governo. Come se avesse fatto davvero qualcosa di sconveniente e per giunta sanzionabile giudiziariamente occupandosene davvero, o solo mettendoci il becco con consigli, pareri, solleciti, raccomandazioni al confine del reato di traffico d’influenze, pur ridimensionato da una recentissima legge più nota per l’abolizione di un altro reato: quello di abuso d’ufficio.    

L’editoriale di Domani

         Con la dottrina di un ex professore universitario di scienza della politica e l’esperienza di un senatore, eletto a suo tempo per tre legislature da vero indipendente di sinistra nelle liste del Pci e successive edizioni, Gianfranco Pasquino ha fatto un’autentica lezione dalle colonne di Domani a protagonisti e attori della tragicommedia, chiamiamola così, del caso Arianna Meloni. Cui ha finito per contribuire la sorella Giorgia facendo da controcanto ad una difesa della congiunta ben oltre i limiti che il caso meritava. E merita tuttora, visto che la polemica continua con rilanci più o meno da acquazzoni di un’estate ormai rotta.

Pasquino su Domani

         “Chi e come nella maggioranza -ha scritto Pasquino- sceglierà le persone da reclutare e da promuovere nelle cariche disponibili è un problema che riguarda quasi esclusivamente la maggioranza stessa. Delegare a una persona di famiglia, a una sorella, a un amico, a un collaboratore fidato è, prima di tutto, assolutamente comprensibile. In secondo luogo, non prefigura e non costituisce reato a meno che, in estrema sintesi, i reclutamenti non si caratterizzino come fattispecie di voto di sambio. Se sono soltanto errori sarà nell’interesse di chi ha nominato procedere a rettificarli il prima possibile con opportune sostituzioni”, essendo e rimanendo sua la responsabilità di quella scelta.

         “Gridare frequentemente e ossessivamente al “fuoco al fuoco” rischia di essere controproducente…e diseducativo”, ha ricordato Pasquino alle opposizioni, “peggio quando si rincorrono per scavalcarsi in denunce esagerate e implausibili, ma anche in concessioni furbette”.

Pasquino su Domani

         “Fuori dalla brutta estate del nostro scontento -ha concluso Pasquino- c’è molto da fare per migliorare il funzionamento della democrazia parlamentare, per l’appunto riportando con ostinazione e virtù la politica in Parlamento che, se formato da ina legge elettorale decente, dimostrerebbe tutte le sue qualità e potenzialità istituzionali, e di rappresentanza dei cittadini”. Per quanti danni -mi permetto di osservare- esso abbia subito in una lunghissima campagna di delegittimazione populistica, con le forbici sventolate in piazza, e tradotte addirittura in una riforma costituzionale, per ridurne la consistenza e i costi. Ogni allusione ai grillini e a chi è andato loro appresso in questa deriva è naturalmente voluta.

Le sorelle Meloni

         La funzione dirigenziale svolta da Arianna Meloni nel maggiore partito di governo rafforza il ragionamento e le osservazioni controcorrente di Pasquino rispetto all’andazzo di certe polemiche e di un certo modo di fare politica. Ragionamento e osservazioni peraltro riscontrabili anche in un’intervista del non dimenticato Antonio Di Pietro a Libe

La statua parlante a Roma

Ciò che la sorella della premier e la stessa premier hanno curiosamente dimenticato o sottovalutato finendo per prestarsi nella polemica agli strafalcioni istituzionali e logici delle opposizioni, è l’articolo 49 della Costituzione. Esso dice, testualmente: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E della politica nazionale fa parte anche l’azione di governo, comprensiva del diritto e della responsabilità delle nomine che competono all’esecutivo. Non mi pare che ci voglia molto a capirlo, signori e signore delle opposizioni, e persino -ripeto- del governo.

Pubblicato sul Dubbio

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