Temporali d’agosto sulle sorelle Meloni, e loro dintorni

Da Repubblica

         Sarò franco, al solito, sino alla provocazione contro me stesso, su questa storia del complotto ai danni delle sorelle Meloni, e dintorni, caduta sulla cronaca politica come uno degli acquazzoni sull’Italia in questa estate che si è finalmente rotta, anche del caldo che ci ha procurato. “Un complotto all’italiana” -ha scritto il consumatissimo e ottimo Filippo Ceccarelli su Repubblica- “di sicurezza, di famiglia e di masseria”. Ma soprattutto di carta, aggiungerei, perché di una notizia giudiziaria, o solo paragiudiziaria, non ne ho avvertita sinora una, e neppure mezza, per quanto sia facile, anzi facilissimo, imbattersi in Italia in un avviso di garanzia o arresto non sempre ad orologeria, qualche volta anche a caso, senza collegamenti seri con i calendari politici sempre intensi, fra elezioni, convegni, passaggi parlamentari delicati, eventi persino internazionali.

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

         L’accennata provocazione contro me stesso è la condivisione di quanto ha scritto sul Fatto Quotidiano –e non è la prima volta che accade, per cui comincio davvero a preoccuparmi- Marco Travaglio scrivendo proprio del timore avvertito dalle parti meloniane di una contestazione del famoso traffico d’influenze, pur appena ridotto da una legge  approvata, intestata al ministro della Giustizia Carlo Nordio e promulgata, ad Arianna Meloni:  la sorella anagraficamente maggiore ma politicamente minore della premier Giorgia. Una sorella “dirigente di partito -ha scritto Travaglio- che fa ciò che fanno tutti da sempre e non risulta che riceva in cambio soldi o altre utilità”. Anche se l’interessata ha smentito di essersi mai occupata di nomine, magari anche di avere detto la sua su qualcuna di quelle fatte o da fare in sede di governo nelle consultazioni politiche, e partitiche, che di solito le precedono o acccompagnano.

Sempre Travaglio sul Fatto Quotidiano

         In un estremo atto di generosità, conoscendo l’opinione che Travaglio ha dell’interessato, come del migliore presidente del Consiglio italiano dopo la buonanima di Camillo Benso conte di Cavour, il direttore del Fatto Quotidiano ha riconosciuto a Giorgia Meloni di essere stata vista “come Conte”, il “Giuseppi” dell’allora presidente americano Donald Trump, “un’intrusa dalle elite più putride, use a scalzare gli outsider tramite qualche infiltrato”. “Ma Conte -ha precisato Travaglio- aveva la sfortuna di avere Renzi in casa”, che riuscì a fargli perdere Palazzo Chigi nel 2021 spedendovi Mario Draghi con la complicità, diciamo così, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Lei -ha aggiunto il direttore del Fatto riferendosi alla Meloni- ha la fortuna di averlo fuori” questo maledetto Renzi, ora attratto dal cosiddetto campo largo dell’alternativa al governo in carica. “Perciò, più che dall’esterno” la premier “dovrebbe guardare all’interno della sua maggioranza”, perché “gli unici complotti che funzionano sono gli autocomplotti”, visto che obiettivamente non mancano divisioni e simili nel centrodestra, o destra-centro.

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Ripreso da http://www.startmag.it il 21 gennaio

Dove Pier Silvio Berlusconi vorrebbe spingere Forza Italia

Da Repubblica

Con un’analisi delle sue, ragionata e dettagliata, Ezio Mauro su Repubblica ha visto e indicato nei recenti interventi dei due figli maggiori di Silvio Berlusconi, ma soprattutto di Pier Silvio, “la metamorfosi” di Forza Italia in una nuova Democrazia Cristiana, destinata a soffrire l’alleanza con la destra sin forse a doversene prima o poi separare.

Dal Fatto Quotidiano

Allo stesso Pier Silvio Berlusconi invece Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio ha attribuito il giorno prima, sparandolo in prima pagina, questo “ordine” alla sua Mediaset non so se complementare o cos’altro rispetto all’analisi dell’ex direttore di Repubblica: “Più spazio ai dem nel talk show”. Dem intesi naturalmente come Partito Democratico, dove notoriamente convivono, bene o male, post-democristiani e post-comunisti, anche se i primi sono diminuiti da quando è segretaria Elly Schlein.

Dal Dubbio

  Gli ordini dalle parti del Biscione normalmente si eseguono, pur non mancando eccezioni clamorose come nel caso dell’ex compagno di Giorgia Meloni, e collega giornalista Andrea Giambruno, sorpreso l’anno scorso fuori onda in comportamenti inopportuni negli studi televisivi, poi trasmessi con gli effetti a tutti noti. Cioè con la fine della relazione sentimentale della premier col padre di sua figlia Ginevra, per niente preclusiva -si assicura negli ambienti qualificati, diciamo così- di rapporti amichevoli fra la Meloni e i figli ed eredi di Berlusconi, anche ora che questi ultimi stanno scuotendo Forza Italia per una maggiore autonomia dalla destra nella maggioranza. Ciò almeno secondo la rappresentazione che si sta facendo della vicenda sui maggiori giornali con contributi di esponenti anche del partito lasciato dal compianto Berlusconi nelle mani del fidato Antonio Tajani. Che ha dovuto aggiungere alle sue fatiche di governo, tra guerre fredde, calde e roventi, il fastidio di allontanare quanto meno il sospetto di essere in difficoltà a casa sua.

Sono cose, d’altronde, che capitano in politica. Capitavano già ai tempi della cosiddetta prima Repubblica dei partiti molto tradizionali e forti: per esempio nella Dc, dove le correnti ogni tanto si decapitavano da sole con clamorose rotture fra capi e delfini, veri o presunti. Figuriamoci se si possono evitare ora che i partiti sono meno tradizionali, meno forti e più personali, o personalizzati, con tutti gli inconvenienti anche umorali che ne derivano.

Non so francamente se sia vero l’”ordine” -ripeto- attribuito a Pier Silvio Berlusconi, e magari smentito prima che voi passiate leggermi, di aprire di più le sue reti e salotti televisivi ad ospiti del Pd, sorpassando in questo caso se stesso dopo l’approdo a Mediaset di Bianca Berlinguer, non certo indifferente ai ricordi e ai sentimenti politici di suo padre Enrico. So però che dalle parti del Pd, nonostante le tante esperienze politicamente condominiali giù vissute con Berlusconi in persona all’epoca delle “larghe intese”, protette al Quirinale prima da Giorgio Napolitano e poi dal successore Sergio Mattarella, quando si parla e si scrive del compianto Cavaliere si avvertono mal di pancia anche rumorosi. Come quello scappato su Repubblica di sabato scorso a Massimo Giannini scrivendone beffardamente come dell’”unto del Signore”. Sempre meglio, per carità, dello “psiconano” gridato sulle piazze e nei teatri da Beppe Grillo quando il Cavaliere era vivo -salvo invidiarne poi i voti da morto e rinfacciarli a Giuseppe Conte- ma pur sempre dileggiante. E perfino blasfemo per i credenti, vista l’opinione che si continua a coltivare del compianto Cavaliere, abituato del resto ad immaginarsi da solo camminare sulle acque.  

Pubblicato sul Dubbio

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