Quell’invito di Giorgia Meloni al G7 accettato volentieri da Papa Francesco

Papa Francesco

         E adesso chi lo dice a Stefano Cappellini, Aldo Cazzullo, Massimo Giannini, Marco Travaglio, in ordine alfabetico, e altri di una lunga lista di scandalizzati dal rifiuto di Giorgia Meloni di gridare forte ed esplicito l’antifascismo implicitamente prescritto dalla Costituzione, che il Papa ha accettato il suo invito a partecipare al G7 di giugno in Puglia nonostante questa sua omissione? Accontentandosi evidentemente dell’’’arzigogolo dialettico”, come l’ha definito Cappellini su Repubblica, cui è ricorsa la premier il 25 aprile per dire, riconoscere e quant’altro che “la fine del fascismo pose le basi della democrazia”. E magari condividendo -sempre il Papa-  un’intervista appena letta di Massimo Cacciari, certamente non sospettabile di fascismo, contro le petulanti richieste da sinistra al presidente del Consiglio, rigorosamente al maschile, di dire ciò che essa reclama. Magari per contestarne poi il tono o la pronuncia romanesca, come d’altronde già è stato fatto una volta nell’aula di Montecitorio interrompendo la Meloni e ottenendone mezze scuse, con la testa infilata nella giacca.  

Il titolo del Corriere della Sera

         Il Pontefice parteciperà, in particolare, alla sessione del vertice mondiale dedicata all’intelligenza artificiale. Che si spera potrà riuscire, prima o dopo, a supplire a quella naturale ma scarsa di certa sinistra appena rimproverata anche da Claudio Velardi, di dichiarata e orgogliosa provenienza comunista, di riempire con l’antifascismo il vuoto in cui è caduta guardando solo indietro e non davanti. E finendo per essere spesso guidata, o comunque condizionata, da un indefinibile Giuseppe Conte. Il cui giornale preferito -notoriamente il Fatto Quotidiano- ha escluso dalla prima pagina l’annuncio della “prima volta del Papa al G7”, come hanno titolato il Corriere della Sera e altri quotidiani. Una prima volta -ripeto-  su invito di una premier imputata o imputabile di omesso antifascismo. Che prima o dopo qualcuno a sinistra proporrà di mettere nel codice penale, non bastando tutte le altre aggiunte al corpo originario  e tuttora in vigore, come sadicamente  ricorda spesso il ministro della Giustizia Carlo Nordio, del fascistissimo Alfredo Rocco, il guardasigilli di Benito Mussolini.

Il Draghi macronizzato che disturba Tajani nella corsa a Bruxelles

Dal Dubbio

Mario Draghi ha fatto un altro passo in avanti verso Bruxelles col discorso molto atteso del presidente francese Emmanuel Macron alla Sorbona sull’Europa. Della cui prossima Commissione, o del cui prossimo Consiglio l’ex premier italiano, ma anche ex presidente della Banca Centrale europea, potrebbe essere chiamato alla guida se dopo le elezioni del 9 giugno il capo dello Stato francese riuscirà a trovare le convergenze necessarie, come fece cinque anni fa per la tedesca Ursula von der Leyen. Alla conferma della quale, per quanto ricandidata dal Partito Popolare, Macron non è favorevole. 

Draghi e Macron alla firma del trattato italo-francese

         Per quanto unito nelle citazioni a due altri italiani, l’ex premier -pure lui- Enrico Letta e il compianto Antonio Gramsci per via delle sue tentazioni fra l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione, il Draghi ricordato e condiviso da Macron per la proposta riforma radicale dell’Unione Europea è di fatto un candidato ancora più incombente ad uno dei vertici comunitari.

Draghi e Tajani

         E’ curioso tuttavia che le maggiori difficoltà per l’ex premier rischino di arrivare proprio dall’Italia. Dove non gli sono mancati un elogio incoraggiante del presidente del Senato Ignazio La Russa e un’attenzione non ostile della premier in carica, pur a livello “filosofico”, ma si è levato quasi perentorio un sostanziale altolà di Antonio Tajani. Che si è pronunciato nella triplice veste di vice presidente del Partito Popolare -di cui ha rivendicato la prenotazione di una postazione di vertice per una sua presumibile primazia elettorale- vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia. Ma potrebbe nascondersi o delinearsi anche una quarta veste, nonostante esclusa a parole dall’interessato in questo momento prematuro, mancando più di un mese al rinnovo del Parlamento europeo: la veste di candidato pure lui al posto di un Draghi non iscritto ad alcun partito. Sempre che proprio questo non finisca per diventare un vantaggio per l’ex premier italiano nell’ottica dell’Eliseo.

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.startmag.it il 5 maggio

Blog su WordPress.com.

Su ↑