
Il Corriere della Sera non è la Rai. Nè come programma, pensando a quello regalato ai telespettatori da Gianni Boncompagni fra il 1991 e il 1995, né come azienda, pur essendole affine perché fanno entrambe comunicazione.

La sede del giornale italiano più diffuso è a Milano e non a Rona, vigilata non da un cavallo di bronzo, possente ma immaginato morente dall’artista che lo creò, bensì da un umanissimo direttore di mondo che ha sorriso alla vignetta di giornata mandatagli dal vecchio Emilio Giannelli, che ancora ne sforna a 88 anni belli che compiuti. Ed ha deciso di pubblicarla senza lasciarsi tentare da paure, scrupoli e simili che alla Rai invece hanno prodotto lo spettacolo-ossimoro dell’oscuramento di uno Scurati -inteso come lo scrittore Antonio- che in un monologo sulla festa odierna del 25 aprile aveva intravisto, a dir poco, del fascismo nella premier Giorgia Meloni.

Quest’ultima felinamente ha tolto lei stessa lo Scurati dall’oscuramento diffondendone il monologo con i suoi modesti e personali mezzi elettronici, un po’ indignata di certo ma un po’ anche divertita all’idea di potere riparare a buon mercato ad un infortunio occorso a chi aveva pensato in viale Mazzini di difenderne interessi politici e immagine negando microfono e telecamera al suo detrattore. O critico, come l’interessato preferisce.

Diversamente dal giovane un pò anzianotto Scurati – come avrebbe forse detto la buonanima di Amintore Fanfani rievocando il commissariamento del movimento giovanile democristiano disposto quando si accorse dei dati anagrafici degli iscritti che vi facevano carriera politica- il vignettista del Corriere ha piazzato come intrusi la premier Meloni e il presidente del Senato Ignazio La Russa nella camera da letto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Quirinale, facendolo sobbalzare al risveglio. E ciò al suono o al canto metaforico della famosissima Bella Ciao in cui si racconta di quella mattina in cui “mi sono alzato e ho trovato l’invasor”

Vauro, SenesI di cognome, invece sul Fatto Quotidiano -e dove sennò- ha riproposto la Meloni indecisa davanti ad uno specchio se farsi notare più andando o più disertando la celebrazione della festa della liberazione. Ma ha optato per la prima soluzione, naturalmente, raggiungendo il capo dello Stato a Piazza Venezia per niente ridotto nelle condizioni immaginate da Giannelli, nè fisiche nè morali, o umorali.

Fuori tema, ma fino ad un certo punto, può apparire la vignetta di ItaliaOggi sulla povera -si fa per dire-segretaria del Pd Elly Schlein che festeggia il 25 aprile sognando la sua liberazione dalla catena delle cinque stelle di Giuseppe Conte a entrambi i piedi. Ma, quanto a catene di questo tipo, se ne possono immaginare altre ancora, e di altri, di vario colore o schieramento.
Buona festa comunque a tutti. E buon viaggio a quelli che potranno profittarne per godersi un lungo ponte senza aspettare quello di Matteo Salvini sullo stretto di Messina.



