Quei meno di due punti galeotti fra la Schlein e Conte nella corsa al vuoto

Schlein e Conte d’archivio

         In un sondaggio appena condotto da Euromedia di Alessandra Ghisleri -ma valorizzato dalla Stampa per il risultato più ovvio e scontato come quel 56,8 per cento convinto che la corruzione sia rimasta invariata negli ultimi dieci anni, pur contrassegnati da molteplici maggioranze di governo- è emerso che Pd e Movimento 5 Stelle sono separati da meno di due punti. Il primo è al 19,7 per cento delle intenzioni di voto, l’altro al 17.6. E’ una distanza galeotta che spiega la tensione cresciuta, e per niente sottaciuta, ormai  anche sul piano personale fra Elly Schlein e Giuseppe Conte dopo una lunga stagione di incontri, casuali e non, in piazza o in convegni, con tanto di immagini che li rappresentavano più o meno attratti reciprocamente, a volte persino troppo, con quelle mani dell’ex premier sulla bocca come per nascondere le parole forse troppo cordiali che si lasciava scappare.

         Una distanza di meno di due punti in un sondaggio può impaurire chi è davanti ed eccitare chi è indietro.  Un sorpasso per Conte significherebbe, nel campo dell’alternativa al centrodestra sognato ad occhi aperti dal solito Pier Luigi Bersani, una speranza in più di tornare a Palazzo Chigi, se e quando il centrodestra dovesse tirare politicamente le cuoia,

Conte alla Stampa di ieri

         Nell’ammettere e spiegare questa voglia che tutti hanno capito, nel Pd anche i più ingenui, Conte ha appena detto, intervistato proprio dalla Stampa, a proposito dell’accusa ricorrente dei suoi avversari di avere dissestato le finanze pubbliche con i bonus edilizi, oltre che col reddito di cittadinanza: “Se fossi stato al posto dei governi Draghi e Meloni, avrei fatto conferenze stampa con dati alla mano per monitorare passo passo i costi. E avrei informato i cittadini su tutti i dati ancora taciuti sui ritorni diretti, indiretti e indotti. Purtroppo dovremo aspettare parecchio per averli: anzi, dovremo tornare al governo”. Con lui a Palazzo Chigi, appunto, e con le sue conferenze stampa di giorno e di notte, al chiuso e all’aperto.

D’Alema e Conte una volta

         Il puntiglio, l’insistenza, l’animosità della scalata di Conte al primato in quello che avrebbe dovuto o dovrebbe essere il comune campo col Pd, più o meno largo che riesca ad essere o diventare, lo stanno rendendo antipatico anche in settori del partito del Nazareno che sembravano meglio disposti verso di lui. “Irritante”, per esempio, è stata appena riconosciuta la sua pretesa moralizzatrice da Massimo D’Alema.

Una Rosy Bindi accigliata

“Nei rapporti tra alleati -ha osservato o ammonito in una intervista Rosy Bindi, dando ottimisticamente per scontata un’alleanza quanto meno a giorni o a zone alterne- l’unica competizione ammessa è quella su chi è più unitario, non più divisivo”, come Conte ha invece deciso di essere.

Agazio Loiero sul Quotidiano del Sud

Il più clemente rimane Agazio Loiero, tra gli ancora compiaciuti fondatori del Pd, scrivendo sul Quotidiano del Sud dell’aspirazione di Conte al ritorno a Palazzo Chigi come di “un’ambizione, non certo un reato”.

I magistrati riserve elettorali di quella che fu la sinistra italiana

Da Libero

Magari la sinistra in edizione barese, ma poco o per niente diversa da quella nazionale, si fosse limitata a corteggiare Gianrico Carofiglio – “il fico”, ha brillantemente raccontato, al solito, Pietro Senaldi ai lettori dcandidato a sindaco del capoluogo pugliese per ritrovare l’unità dopo l’aborto delle primarie, procurato da Giuseppe Conte, fra il piddino Vito Leccese e lo stellato, chiamiamolo così, Michele Laforgia.

         Carofiglio ormai è meritatamente noto più come scrittore che come ex magistrato, o ex parlamentare del Pd, ritiratosi spontaneamente dall’una e dall’altra carriera perché convintosi che in fondo non lo meritavano né le toghe né gli amici o compagni del Nazareno. E Bari lui la conosce sicuramente bene, senza bisogno di chiamarsi Nicola, come il santo protettore della città.

Nicola Vendola, Niki per gli amici

         Nicola invece si chiama l’ex magistrato Colajanni sul quale ha messo gli occhi pubblicamente – proponendolo come “il terzo uomo” provvidenziale- un altro celebre Nicola pugliese: Vendola, ex presidente della regione e ora presidente della sinistra alla sinistra del Pd. Che mi risulta sia stato tentato anche lui dal “fico” Carofiglio accertandone però rapidamente l’indisponibilità a giocare, e soprattutto accreditare, una partita troppo ingarbugliata e opaca per i suoi gusti quale è quella apertasi, peraltro a più livelli, nella sua terra. Dove non dimentichiamo che un magistrato in aspettativa, Michele Emiliano, è tuttora presidente della regione dopo essere stato a lungo sindaco del capoluogo.

Nicola Colaianni

         La scelta di Nicola Colajanni da parte di Vendola come una specie di uomo o candidato della Provvidenza  e l’attenzione che si è guadagnata  mediaticamente e politicamente dimostrano o confermano che ormai alla magistratura la sinistra -o una certa sinistra, sempre come preferite- non solo ha ormai delegato la regia della politica militante ma anche quella che una volta si chiamava “la riserva della Repubblica”. Cui attingere nei momenti del bisogno, dell’emergenza, della disperazione.

Il compianto Carmelo Patti

         Il caso ha voluto -grazie al diavolo  che notoriamente fa le pentole senza i coperchi, perché distratto dalla vigilanza di un inferno pur sgomberato generosamente dal Papa Francesco- che l’ennesimo ricorso politico della sinistra ai magistrati coincidesse con l’ennesimo caso, anch’esso, della malagiustizia italiana. E’ stata appena restituita, purtroppo da morto, cioè inutilmente, l’onorabilità contestata con ben 13 processi a Carmelo Patti, il re -ai suoi tempi buoni- della Valtur. Di lui ancora si legge nella traduzione italiana di Geoogle dall’inglese di Wikipendia che fu “un uomo d’affari italiano con stretti legami con la mafia, strettamente associato a Matteo Messina Denaro, un padrino mafioso arrestato il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di clandestinità”. Alcuni dei quali, magari, secondo i biografi di Wikipendia, protetti, garantiti e finanziati proprio da Patti, pur a corto di soldi dopo la confisca del patrimonio disposta dalla magistratura, così attenta poi nel gestirlo, prima di restituirne il resto agli eredi, da avere determinato il fallimento di un bel po’ di aziende.

         Il povero, compianto Patti è naturalmente l’ultimo di un lungo e sempre provvisorio elenco di malcapitati, in cui finì a suo tempo anche Enzo Tortora, uscitone vivo solo per il poco tempo che gli aveva lasciato una salute messa a dura prova dal carcere e dalla gogna mediatica.

Conte on Cafiero de Raho alla Camera

         Se la sinistra o -ripeto ancora- una certa sinistra, nonostante tutto questo, magari per riconoscenza dopo i favori ottenuti una trentina d’anni con la gestione a senso prevalentemente unico delle inchieste giudiziarie sul finanziamento illegale dei partiti, continua a considerare la magistratura la riserva della Repubblica, e non solo sua, c’è solo da accendere un cero misericordioso davanti alla sua lapide. Anzi due, uno anche per l’appendice o concorrente, come preferite, che è diventato il partito di Conte arruolando nelle sue liste fior d ex magistrati: da Roberto Scarpinato a Federico Cafiero De Rhao.

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