Dalla mucca all’elefante nell’angusta sede del Pd al Nazareno

Goffredo Buccini sul Corriere della Sera

Per quanto ristretta in un vecchio palazzo del centro a Roma dove, a furia di ristrutturazioni gli spazi si sono più ridotti che allargati, ricavando per esempio più stanze da un salone, la sede nazionale del Partito Democratico è affollata di animali alquanto ingombranti. Alla destra travestita da mucca, e resa famosa dall’ex segretario Pier Luigi Bersani parlandone nei salotti televisivi ben prima della vittoria di Giorgia Meloni nelle elezioni politiche anticipate del 2022, possiamo aggiungere una presunta sinistra travestita da elefante in cui si è riconosciuto con un certo compiacimento il governatore della regione pugliese Michele Emiliano in una intervista al Corriere della Sera. E pazienza se Goffredo Buccini, l’ìntervistatore, lo ha visto e descritto, in dimensioni più modeste, come “un grosso gatto dal pelo arruffato”. Quale in effetti sembra vedendolo, per esempio, in una foto recente che lo ha ripreso su un palco a Bari col sindaco della città e compagno di partito Antonio Decaro, da lui messo in imbarazzo descrivendolo come una specie di figlioccio politico raccomandato a suo tempo alla benevolenza e protezione della malavita imperante nella città vecchia e sfidata dal giovane assessore ai trasporti con una forte limitazione al traffico. Una rappresentazione che Emiliano ha riconosciuto nell’intervista come infelice, ma che ha politicamente arricchito di un’altra rappresentazione scomoda, diciamo così: di un sostanziale profugo del Psi, ai tempi del dissolvimento di quel partito sotto l’incalcare delle Procure della Repubblica, da lui soccorso e portato in alto nell’amministrazione comunale e nel partito.

         Ma non solo dell’adozione di socialisti sbandati o impauriti negli anni, chiamiamoli cosi, del terrorismo giudiziario, quando ne venivano arrestati all’alba davanti a truppe televisive tempestivamente allertate, può vantarsi Emiliano. Egli ha raccontato alll’intervistatore del Corriere della Sera  di avere portato dalla sua parte, prima da sindaco e poi da presidente della regione, gente di destra attratta semplicemente da “passione politica”, compresa quell’assessora quasi primatista di preferenze appena dimessasi dopo l’arresto del marito, e il suo coinvolgimento personale nelle indagini, per mercato di voti al prezzo di 50 euro ciascuno.

Conte e la segretaria del Pd

         Con questa specie di autobiografia politica Emiliano non si è forse accorto di poter essere scambiato per uno dei tanti “cacicchi” e “capibastone” dei quali Giuseppe Conte ha appena invitato Elly Schlein a liberarsi nel Pd per poter continuare ad aspirare ad un’alleanza con i grillini. Che Emiliano sostiene e non ritiene irrimediabilmente compromessa dai pasticci baresi. E neppure da quelli emersi in Piemonte, o in arrivo da altre parti d’Italia.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Il cappio suicida della questione morale non risparmia nessuno….

Da Libero

“Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”, scrisse Aldo Moro alla moglie -la “dolcissima Noretta”- nella sua ultima lettera, incompiuta, prima che gli aguzzini lo ammazzassero dopo 55 lunghi, penosi giorni di prigionia. Chissà se in quel desiderio di “vedere dopo” ci fossero solo le immagini struggenti dei familiari e non anche quelle meno o per niente struggenti dei cosiddetti amici di partito per rilevare di cosa sarebbero stati capaci di fare senza di lui, dopo averlo abbandonato ai brigatisti rossi in nome della cosiddetta linea della fermezza.

Il Moro restituito dalle brigate rosse

Certo, quegli “amici” non furono capaci di molto se non riuscirono a fare sopravvivere il partito più di 15 anni, quasi tutti solo grazie alla ritrovata alleanza politica con i socialisti di Bettino Craxi. Altrimenti la Dc, abbandonata a sua volta dopo la morte di Moro dai comunisti pur avendone ottenuto la fine nella vicenda del sequestro, sarebbe morta anche prima.

Elly Schlein e Giuseppe Conte

         I comunisti e i loro eredi, con tutti gli aggiornamenti anagrafici, sono sopravvissuti soprattutto nel Pd. Ma a che prezzo? Assai alto, penso, vista anche la nemesi della cosiddetta questione morale -evocata ieri da Mario Sechi combinando il ricordo di Eugenio Scalfari e quello di Enrico Berlinguer- che si è ritorta contro di loro per mano dell’ultimo Conte della politica: quello che non ha voluto condividere le primarie a Bari, per le comunali di giugno, col Pd compromesso nel cosiddetto voto di scambio. E la Schlein, questa specie di Giovanna d’Arco del Nazareno, non ha potuto neppure lamentarne la “slealtà” senza rimediare dall’ex premier l’invito perentorio alla ritrattazione per lasciare aperto lo spiraglio a qualche accordo futuro in sede locale attorno al candidato grillino di turno, e a livello nazionale attorno alla sua personale, arcinota aspirazione a tornare a Palazzo Chigi.  

Pietro Nenni

         Eppure Pietro Nenni non ebbe bisogno di assistere alla Tangentopoli ferale della prima Repubblica per ammonire, alla sua alba, sui rischi di certe rincorse. C’è sempre uno più puro che ti epura, avvertì inutilmente il leader socialista.

         Craxi, l’erede di Nenni nel Psi , si starà godendo dall’aldilà lo spettacolo riparatore dei suoi avversari- compagni di un tempo, come fratelli-coltelli, che stanno subendo il trattamento riservatogli più di trent’anni fa. Quando dopo le elezioni del 1992 cavalcarono la campagna giudiziaria e mediatica di “Mani pulite”, come vennero chiamate le indagini giudiziarie sul pur generalizzato fenomeno del finanziamento illegale dei partiti, per liberarsi di lui come capro espiatorio di quella vecchia pratica.  

Bettino Craxi e Achille Occhetto

         Eppure “il cinghialone”, come il segretario socialista veniva chiamato anche negli uffici della Procura di Milano, aveva offerto al Pds-ex Pci guidato da Achille Occhetto alle Botteghe Oscure, e da Massimo D’Alema al gruppo della Camera, una svolta sorprendente per parecchi suoi amici: l’offerta di memoria demartiniana di andare insieme al governo o insieme all’opposizione. Ma Occhetto pose la cosiddetta questione morale contro i socialisti per la vicenda di Tangentopoli, che pure aveva coinvolto anche Botteghe Oscure. Dove Raul Gardini era entrato con una borsa piena di soldi svuotata non si riuscì, o non si volle mai capire e scoprire in quale ufficio esattamente, di quale dirigente.  Per Craxi invece venne adottata la formula del “non poteva non sapere”. “Craxi, dunque colpevole”, fu il titolo scelto dall’amico e avvocato Nicolò Amato per un celebre libro pubblicato nel 2013 sui suoi processi.

Silvio Berlusconi

         Non deve passarsela male, nell’aldilà, neppure Silvio Berlusconi di fronte allo spettacolo terreno, e tutto italico, dei magistrati a rischio più che concreto, dopo un decreto legislativo varato dal Consiglio dei Ministri e firmato dal presidente della Repubblica, delle prove psicoattitudinali all’inizio della carriera. Ma -spero- anche nel proseguimento, man mano che crescono le loro funzioni, e la disponibilità che hanno della libertà e altro ancora dei cittadini. Berlusconi per avere sospettato pubblicamente che fossero matti i magistrati che l’avevano scambiato per un delinquente seriale dovette moltiplicare le spese per i legali, allungandosi ulteriormente l’elenco delle sue… pendenze giudiziarie.

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