Botti di fine anno fra incursioni giudiziarie e pagelle

   Fra gli inconvenienti, e non solo le feste, di fine anno ci sono le incursioni giudiziarie – come quella che ha appena colpito la famiglia Verdini, in qualche modo comprensiva anche del leader leghista Matteo Salvini, reclamato subito in Parlamento-  e  le abitudini alle pagelle ai politici.

         La Stampa, quella storica di Torino, ha affidato le pagelle del centrodestra a Flavia Perina, che conosce bene l’ambiente  per averlo a lungo frequentato e persino vissuto alla direzione del Secolo d’Italia. Le pagelle della sinistra abbastanza allargata sono state invece affidate a Federico Geremicca, anche lui di casa da quelle parti per ragioni familiari che lo hanno reso forse ancora più disilluso dell’altra per le speramze accese in lui da un padre abbastanza autorevole e smentite da compagni e successori. I voti di entrambi non hanno molto volato.

         La Perina si è spinta al 7 scrivendo della Meloni con la riserva di un miglioramento “aspettando la sessione malati” del 4 gennaio, essedo stata rinviata a quel giorno  per ragioni di salute la conferenza stanpa di fine anno. Da cui si aspettano “risposte di prima mano” alle domande suggerite da “errori talvolta imperdonabili persino dei suoi fedelissimi”. Fra i quali si scorge il pur “potente Gran Cognato graffeur d governo” Francesco Lollobrigida, meritevole di 5 Che è sempre superiore all’invotabilità del  presidente “pirandelliano” del Senato Ignazio La Russa per il suo busto del Duce, por donato di recente alla sorella. Superiore anche al 4 assegnato al leghista Salvini per le sue “soluzioni scombinate”, peraltro precedenti agli affari Anas contestati al quasi cognato appena finito agli arresti domiciliari.

         Meno male che nella Lega c’è anche il governatore del Veneto Luca Zaia, guadagnatosi un 7 nell’auspicio di una successione a Salvini.  Il povero forzista Antonio Tajani è incollato al 5 e mezzo, sotto quindi la sufficienza, per “la missione generosa ma impossibile” assuntasi di succedere a Silvio Berlusconi.

         A sinistra il 7 non lo merita nessuno: neppure “il professore Romano Prodi instancabile nello stanare i vizi” della sua parte politica, come gli ha riconosciuto Geremicca. Che gli ha pertanto assegnato 6 e mezzo, contro il 6 -non di più- meritato dalla segretaria del Pd Elly Schelin e dal presidente e suo competitore sconfitto Stefano Bonaccini.

         Un misero 5 e mezzo è spettato a Giuseppe Conte, che “ha gettato alle ortiche prudenza e pocette” e “infilato il passamontagna” per tornare “sovranista”, sfidando più la Schlein che la Meloni.

         Un quattro ciascuno infine hanno meritato Carlo Calenda, persosi anche la bussola di Mario Draghi, e un Matteo Renzi, ormai “politico per hobby” e “autorottamattore di talento”.

         In un presente così desolante a sinistra potrebbe costituire una riserva il sindaco di Milano Beppe Sala, “un Papa straniero” per un eventuale campo largo, ma “non tanto straniero” per le sue esperienze amministrative. Pure lui tuttavia non è andato sopra il 6 della sufficienza.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Controversie di genere anche nella malattia capitata alla Meloni

   Diavolo di una donna, o di un “uomo dell’anno”, come l’ha incoronata su tutta la prima pagina di Libero il direttore ed ex suo capo dell’ufficio stampa a Palazzo Chigi Mario Sechi.

         Dopo averci inchiodato all’inizio del suo mandato, con tanto anche di comunicati e controcomunicati, alle discussioni su come chiamarla -il o la presidente del Consigilo, il o la premier, senza aspettare in quest’ultimo caso la riforma cosituzionale che aveva già in testa per l’elezione diretta di chi guida il governo- Giorgia Meloni si è presa una malattia dal genere anch’esso controverso.

         Quella specie di sassolino -chiamato scientificamente agglomerato di ossolato e carbonato di calcio, inglobato in una matrice gelatinosa- che la Meloni riesce ad accumulare non in una scarpa ma in un orecchio interno, ricavandone nausea, capogiri e bisogno di buio anziché di luce, per cui le sono proibite, fra l’altro, conferenze stampa, da rinviare a tempi, migliori; quella specie -dicevo- di sassolino diventa al plurale maschile o femminile? Sono stati chiamati, per esempio, “gli otiliti” nel titolo della Repubblica e “le otiliti” nel titolo del Foglio, solitamente sofisticato.

         Noi, del Dubbio, non so se più furbi o cauti, a cominciare dal direttore Davide Varì e giù giù sino all’ultimo collaboratore come il sottoscritto, ci siano sottratti alla scelta o scommessa e abbiamo scritto di quello della Meloni come di “un problema di otiliti”, o di “sindrome otolitica”. Non abbiamo avuto il tempo, ma neppure la voglia, di metterci a consultare chissà quante enciclopedie, né di bussare all’Accademia della Crusca, come qualcuno invece fece l’anno scorso, in occasione delle dispute attorno ai comunicati di Palazzo Chigi sul presidente, e non la presidente del Consiglio.

         Auguro naturalmente alla Meloni la più rapida e completa guarigione, che la restituisca agli italiani alla luce del giorno. E pazienza per il troppo severo professore universitario di storie Ernesto Galli della Loggia, che ne ha scritto polemicamente ieri in un editoriale sul Corriere della Sera, se gli sembrerà troppo vivace, troppo assertiva, troppo aggressiva. Sino a fare il gioco degli avversari e avversarie di sinistra che non aspettano altro per demonizzarla e farle perdere qualche punto nei sondaggi che continueranno ad accompagnarla, anzi ad inseguirla, sulla strada delle elezioni di vario tipo nell’anno nuovo che sta arrivando.         

   In questa speranza di vederla andare indietro e non avanti, di perdere consensi o “disponibilità al voto” anziché guadagnarne, avversari e avversarie non saranno comunque soli. Faranno loro compagnia non all’opposizione ma all’interno della stessa maggioranza gli alleati e al tempo stesso concorrenti della Meloni. A volte, in verità, sembrano più concorrenti che alleati. Ma gli altri, all’opposizione, sono messi anche peggio perché sono fra loro solo concorrenti, anzi avversari, non certo alleati, o non ancora federabili, come direbbe Romano Prodi

Pubblicato sul Dubbio

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