L’assordante silenzio della Corte Costituzionale sulla giudice spazzadecreto

         Eppure nella polemica assordante scoppiata sul caso della giudice Iolanda Apostolico – che si è rifiutata di applicare una legge sui migranti, liberandone quattro irregolari, perché presuntivamente in contrasto con l’articolo 10 della Costituzione- quello che trovo ancora più assordante è il silenzio sul colle del Quirinale. Ma non sto scrivendo o alludendo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sul quel colle lavora, bensì alla Corte Costituzionale, anch’essa operante da quelle parti, in un palazzo dirimpettaio agli uffici del capo dello Stato.

         Dei 15 giudici costituzionali, a cominciare dalla loro presidente Silvana Sciarra, ma anche dei loro predecessori emeriti ancora in vita, nessuno -ma proprio nessuno, almeno sino al momento in cui scrivo- ha fatto sentire la sua voce per rivendicare la competenza loro assegnata da un articolo della Costituzione che segue di parecchio quello a suo modo applicato dalla giudice Apostolico ma è abbastanza preciso, direi drastico. “La Corte Costituzionale -dice l’articolo 134- giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”.

         La “controversia” avvertita da Iolanda Apostolico a Catania è stata invece da lei stessa risolta in senso negativo per la legge che doveva applicare, senza neppure pensare di dovere investire della questione la Corte Costituzionale. E ciò mi sembra francamente molto più grave della pur grave, anch’essa, condotta della giudice emersa dal video che la riprese cinque anni fa tra i manifestanti in piazza a favore dei migranti e contro la Polizia “assassina” -si gridava- che applicava la legge a carico di quelli irregolari.

         A quel video è capitata subito la sorte del famoso dito notato più della luna che esso indica. La giudice è scomparsa dall’attenzione, attratta invece dal misterioso operatore che l’aveva ritratta. E lo scandalo, o l’anomalia, come preferite, dalla  presenza dell’Apostolico in piazza -non in una casa privata, in un club, in un bar- è diventato la provenienza del video. O, e ancor più, la sua destinazione dopo cinque anni, essendo finito nella disponibilità dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, ora alle Infrastrutture ma sempre vice presidente del Consiglio. Che si è procurato, per averlo diffuso con tanto di proteste contro la parzialità di una giudice che dovrebbe essere invece imparziale, l’accusa di essere “la bestia” di ritorno gridata su Repubblica da Stefano Cappellini. Per non parlare della “puzza di dossieraggio” avvertita dal Fatto Quotidiano.

         Persino Il Foglio, spintosi qualche giorno fa a difendere in qualche modo la decisione della giudice Apostolico dai “travisamenti” di una Meloni dichiaratamente “basita”, ha dovuto correggersi. O subire la correzione del suo fondatore Giuliano Ferrara, dichiaratamente “spiacente” oggi di dovere dare ragione alle proteste non della presunta dossierata ma di Salvini. Miracolo…apostolico.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Le lacrime di coccodrillo sulla clausura impostasi da Marta Fascina

Beh, diciamo la verità, se la sono un po’ cercata e meritata dentro Forza Italia e dintorni la sostanziale accusa di “vile ipocrisia” lanciata da Mattia Feltri sulla Stampa, fra le ultime righe del suo “Buongiorno”, a commento degli auspici, inviti e simili che vengono rivolti a Marta Fascina a smetterla di piangere, o di piangere soltanto, per la morte del suo quasi marito Silvio Berlusconi, e di tornare alla Camera. Dove    si avvertirebbe il peso della sua assenza in aula e in commissione, visto che capita anche ad una maggioranza ampia, sulla carta, come quella di centrodestra, ora anzi di destra-centro, andare sotto per negligenza. O addirittura per calcolo, come ha qualche volta prospettato l’opposizione immaginando complotti, facendone magari scrivere sui grandi giornali da amici e simili e poi accreditandoli con le reazioni nervose della premier Giorgia Meloni e familiari.

         Si è chiesto giustamente il figlio di Vittorio Feltri, ereditandone la franchezza, perché con Berlusconi in vita, quando la Fascina preferiva assisterlo, oltre che amarlo, piuttosto che correre a votare a Montecitorio, “non erompeva l’urgenza democratica che di colpo erompe adesso”. Perché gli elettori di Marsala, in Sicilia che l’hanno rimandata alla Camera l’anno scorso -anche se sul Fatto Quotidiano Daniela Ranieri continua ad occuparsene come di una deputata eletta in Campania al pari di quattro anni prima- dovrebbero reclamare oggi ciò che non hanno fatto sino a giugno scorso, cioè una presenza assidua  della loro rappresentante a Montecitorio? “Era forse nel programma elettorale di Fascina -chiede Mattia Feltri con altra impertinenza- l’assistenza domiciliare del Leader?”, con la maiuscola pretesa dal dittatore di turno in Corea e simili.

         Solo “Il buon gusto -ha sempre calcato la mano Mattia Feltri in un altro passaggio della sua impietosa protesta- ha trattenuto i colleghi smaniosi di rivedere la Fascina alla Camera “dal ricordare all’ereditiera da cento milioni di euro che non è il caso di intascarsi a sbafo pure un lauto stipendio corrisposto con denari pubblici”. Qualcuno, in verità, si è avvicinato, quanto meno, ad una simile protesta prospettando l’opportunità di una rinuncia della Fascina al seggio parlamentare per fare subentrare il primo dei non eletti. Ma è stata soprattutto Mariarosaria Rossi, ex potente segretaria di Silvio Berlusconi ed ex senatrice forzista, non mi sembra rientrata a casa dopo essere stata attratta nella scorsa legislatura dalla missione dei “responsabili” cercati dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte per evitare la caduta del suo secondo governo. E l’arrivo a Palazzo Chigi di quella specie di usurpatore che ancora qualcuno, sotto le cinque stelle, considera Mario Draghi più di un anno dopo la fine della sua esperienza di premier tecnico. Egli mise in piedi tuttavia un governo politico di larghe, direi anzi di larghissime intese, almeno sino quando proprio i grillini decisero di sfilarsi con tanta poca grazia o tanto avventurismo politico da indignare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mica quello dello Spettacolo, e fargli abbandonare il movimento che aveva a suo tempo addirittura guidato.

         Quante cose -è vero- sono accadute in così pochi anni, in fondo, fra il 2021 e questo 2023 ormai calante. E’ persino successo che Di Maio, non rieletto fra la soddisfazione di un Conte pur dimezzato nei voti del movimento affidatogli da Beppe Grillo fra un po’ di mal di pancia, navighi ora nel Golfo Persico come rappresentante dell’Unione Europea grazie al credito guadagnatosi a suo tempo a Bruxelles proprio come ministro degli Esteri di Draghi.

         Ma torniamo alla Fascina chiamata dai genitori col nome della protettrice di casalinghe e domestiche ed entrata improvvisamente nel mirino persino domestico della lotta all’assenteismo parlamentare. E’ chiaro che anche questa vicenda -immagino quanto la stia angustiando- ha aspetti più politici che moralistici, o semplicemente affettivi per chi sostiene che gli inviti al ritorno alla Camera derivino solo dalla preoccupazione di vedere l’onorevole stremata dal dolore e dalla clausura vedovile che si è imposta. Qualcuno forse in Foza Italia non ha ancora ben capito se e come essa vorrà impegnarsi, quale tela ha da tessere, a favore davvero  o contro la momentanea leadership, al minuscolo, di Antonio Tajani. Di cui mi ha sorpreso non so se più l’urticante o sfottente commento del Foglio alla sua figura di “complottista moderato”, non “truce” come da tempo viene liquidato su quel giornale Matteo Salvini, l’altro vice presidente del Consiglio e capo della Lega.

“L’esito” della presenza e dell’azione di un complottista moderato -hanno scritto al Foglio- “è quel che è: un po’ comico, o meglio umoristico, nel senso che dell’umoristico dava Pirandello, includendovi insomma un che di commovente”.  E’ tutta acqua -temo per Tajani- utile alla concorrenza elettorale che Matteo Renzi ha deciso di fare., col suo più o meo fantomatico “Centro”, al successore di Berlusconi che l’ex premier toscano nei suoi articoli e discorsi attacca senza neppure nominarlo, tanto lo ritiene irrilevante: un giudizio, d’altronde, ricambiato.

Pubblicato sul Dubbio

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