Eppure c’è ancora chi, non solo in Italia a cominciare dalla premier Giorgia Meloni, ma anche altrove, vede persino nell’ultimo documento addirittura “strategico” sulla sicurezza dell’amministrazione americana di Donald Trump più un’’occasione che un problema per l’Unione europea. O per l’Europa più in generale. Dalla quale il manifesto avverte invece in corso una “guerra di secessione” coltivata dal presidente degli Stati Uniti in versione, diciamo così, Trumputin: metà Trump e metà Putin. Di cui stanno sperimentando gli effetti gli ucraini al loro quasi quarto anno di resistenza all’invasione cominciata pensando, al Cremlino, di poterla completare entro una quindicina di giorni. La durata effettiva dovrebbe essere già di per sé una sconfitta per una potenza armata nuclearmente come la Russia, ma non si può dirlo, scriverlo o solo pensarlo senza finire nella lista degli scemi o , peggio ancora, dei provocatori.
L’occasione ottimisticamente attribuita a Trumputin, ripeto, è quella di avere previsto la “cancellazione” dell’Europa in una ventina d’anni: cinque volte più della guerra condotta contro l’Ucraina dal febbraio 2022, scontando la Crimea ed altri precedenti. Una ventina d’anni che potrebbero servire a noi europei anche a svegliarci, a darci la classica mossa, a imparare a difenderci da soli, e non solo a danneggiarci. A smettere, per esempio, di frignare a sentir parlare di riarmo. O di attacchi preventivi nella guerra cibernetica che si vede meno ma fa male lo stesso, aiutando quella armata.
Una ventina d’anni però potrebbero bastarci, ed anche avanzare, a svegliarci e riprenderci se si attribuisce al quasi ottantenne Trump, stavolta a lui più che a Putin, e suoi successori la riserva, la volontà, la tentazione di darci una mano pensando, per esempio, ai militari americani ancora presenti in Europa e agli affari che si potrebbero fare o imporre fra le due coste dell’Atlantico. E’ qui che l’asino rischia invece di cascare. E di Trumputin, questa volta ricomposto, si rischia di subire solo il peggio.