Più dei tredici milioni di elettori chiamati alle urne fra oggi e domani in Veneto, Campania e Puglia, o di quanti effettivamente andranno a votare resistendo alla tentazione di ingrossare il partito dell’astensione che è ormai di maggioranza, è in cima alla mia curiosità, anzi alla mia paura quel mostro che grava su quello che siamo ancora abituati a chiamare Occidente. E’ Trumputin: metà Trump, 79 anni, presidente degli Stati Uniti, e metà Putin, 73 anni, zar della Russia senza corona ma con un bastone forse ancora più nodoso, per l’arsenale nucleare che detiene, di tutti i suoi predecessori, bianchi o rossi che siano stati.
Questo Trumputin fantomatico, ma non troppo, sta giocando non solo con l’Ucraina a ferro e fuoco da tre anni e mezzo ma con tutto l’Occidente, ripeto, come il gatto col topo. I suoi penultimatum – visto che sono stati sinora per fortuna a scadenza variabile, come i piani che elabora e intesta addirittura alla pace pur praticando la guerra, da aggressore o da fornitore intermittente d’armi e di soldi all’aggredito- si succedono come rilanci ad un tavolo sinistro e insanguinato di poker. Le cancellerie non solo d’Occidente, a questo punto, ma di tutto il mondo lo inseguono o lo scrutano a dir poco con diffidenza. A cominciare dalla Cina, dalla quale gli ottimisti di un tanto al chilo suppongono di staccare la Russia.
Quale delle due metà di questo mostruoso Trumputin prevalga sull’altra, o finirà per prevalere, e con quali effetti più diretti in Europa, dentro e anche oltre i confini dell’Unione, vista la posizione della Gran Bretagna? Ecco la domanda che disperatamente vorremmo forse porci sperando che del mostro si possano ancora distinguere o persino separare le due metà. Sperando o illudendoci? Analizzando o sognando, anche se distratti domani dai risultati elettorali delle tre regioni italiane alle urne.