Emanuele Fiano meriterebbe un ufficio al Nazareno, se la Schlein avesse buon senso

Ancora scioccato dall’esperienza vissuta in una delle sedi dell’Università veneziana Cà Foscari, dove ragazzi dichiaratamente comunisti, con tanto di falce e martello sullo striscione di riconoscimento, avevano interrotto un suo intervento sul Medio Oriente e negato il diritto a parlare perché “sionista”, l’ex deputato del Pd orgogliosamente ebreo Emanuele Fiano, Lele per gli amici, ha raccontato la sua esperienza al Corriere della Sera. Un racconto dal quale non so francamente chi esca peggio fra i ragazzi “tecnicamente fascisti”, come ha dato ad uno di loro lo stesso Fiano, o i commessi universitari che si sono coperti dietro il pretesto dell’orario per promuovere l’uscita di tutti dalla sala: contestatori e contestati. Fra i quali Fiano ha dignitosamente preteso, riuscendovi, di essere l’ultimo ad allontanarsi, continuando nel frattempo a battibeccarsi con gli studenti ostili. Che si erano distinti opponendo il segno della P38 degli anni piombo a quanti protestavano contro il pubblico solidale con Fano.

         Dichiaratamente “socialdemocratico” perché sempre consapevole, anche quando il suo partito si chiamava comunista, del carattere criminoso del comunismo bolscevico, Lele Fiano ha voluto essere generoso col Pd. Dove ha assicurato che non esiste dell’antisemitismo, nè diretto né di riporto, neppure da parte di quanti hanno recentemente accettato di manifestare nelle piazze, particolarmente a Roma, in cortei aperti da uno striscione che equiparava alla Resistenza di memoria italiana il terrorismo praticato da Hamas in Medio Oriente per sostenere la causa della Palestina. Una terra i cui abitanti sono diventati a Gaza ostaggi dei loro presunti difensori che hanno costruito sotto le loro case, le loro scuole, i loro ospedali, le loro strade e piazze le postazioni militari della lotta a Israele. Che sono ancora operanti nella fragilissima tregua sopraggiunta agli accordi firmati in terra egiziana e intestatisi dal presidente americano Donald Trump.

         C’è molto da fare in questi giorni al Nazareno, seguendo eventi parlamentari, di piazza e di correnti più meno di partito.  Sarebbe bello se la segretaria del Pd si facesse venire l’idea di aprire un ufficio, con tanto di competenze adeguate ai problemi di cui si occupa Fano, affidandoglielo. Bello, perciò improbabile.

Ripreso da http://www.startmag.it

Al Quirinale con vista…di controllo su Palazzo Chigi

Con un articolo di Giulia Merlo pur intriso di “voci”, “suggestioni” e persino “chiacchiere”, testualmente e onestamente, il Domani di Carlo De Benedetti ha fatto squillare a sinistra l’allarme di una “idea pazza” del centrodestra da realizzare fra quattro anni, alla scadenza del secondo mandato di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Una “idea pazza” per lo stesso centrodestra, dove sarebbero in agitazione più candidati alla successione a Mattarella, e a quella a Gorgia Meloni a Palazzo Chigi se la l’attuale premier raddoppiasse e andasse poi al Quirinale.  Ma un’idea ancor più “pazza” e devastante per la sinistra di qualsiasi campo, largo o stretto, lungo o corto, impegnata a costruire un’alternativa alla destra, tout court, per ora sperimentata e sperimentabile a livello locale.

         La Meloni al Quirinale, che non sarebbe solo la prima donna a salire così in alto, ma  il primo presidente del Consiglio  a trasferirsi direttamente al vertice dello Stato, come avrebbe voluto fare, senza riuscirvi, Giulio Andreotti nel 1992, sarebbe sostituita a Palazzo Chigi dall’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ma in veste più di tecnico che di leghista, perché come uomo del Carroccio potrebbe magari aspirarvi Matteo Salvini direttamente, presumibilmente stanco di essere stato vice presidente del Consiglio, prima di Giuseppe Conte, nel governo gialloverde del 2018, e poi in quello, anzi nei due prevedibili della Meloni. Che gli stessi tramortiti di sinistra, pur aspirando alla già ricordata alternativa, temono di dovere subire.

         L’unica speranza degli alternativisti, di tendenza elliana, dalla segretaria del Pd Elly Schlein, o di tendenza contiana, da Giuseppe Conte appena confermato con dati bulgari presidente solo del Movimento 5 Stelle, o di qualsiasi altra natura dovesse aggiungersi, è riposta nell’implosione del centrodestra. Che, poveretti, lor signori cercano di favorire, o alimentare come un fuoco, facendosi venire e diffondendo idee come quella “pazza”, appunto, attribuita alla Meloni e a Giorgetti di spartirsi praticamente da soli Quirinale e Palazzo Chigi. Una cosa riuscita qualche volta alla Dc, a dispetto della pratica della cosiddetta alternanza, e una volta sola, più per caso e che per calcolo, ai socialisti quando sedettero contemporaneamente Sandro Pertini al Quirinale e Bettino Craxi a Palazzo Chigi.

         Per ora gli alternativisti, ripeto, possono solo impanicarsi, da panico, e sognare il suicidio politico degli avversari. I più riflessivi fra loro, i meno disperati almeno nelle apparenze, stanno scoprendo e sperimentando la vecchia pratica democristiana della convegnistica.  Che si aggiungeva, qualche volta    persino sostituendosi alle riunioni di direzione o di consiglio nazionale o ai congressi. Si consolidavano così, o si spaccavano, correnti e sottocorrenti, chiarendo spesso più i rapporti di forza che le idee.

L’ultimo e più famoso, anzi prestigioso regista di quella pratica fu Aldo Moro. Che già quando gli capitò di essere segretario del partito ma ancor più dopo, quando ne fu solo il presidente o “il regolo”, come lo chiamava Indro Montanelli, raccomandava nei momenti difficili di “scomporre per ricomporre”. Egli tentò di farlo pure con gli aguzzini delle brigate rosse che lo avevano sequestrato nel 1978, portandoli a spaccarsi nella decisione sulla fine da riservagli. Ma fu una spaccatura rapidamente ricomposta nel peggiore dei modi, con la sua esecuzione nel bagagliaio di un’auto, fra atroci sofferenze ricostruite dagli esperti esaminandone i resti, essendo la morte sopraggiunta per dissanguamento, non per un colpo secco e mirato al cuore.

         Ma torniamo alla Dc e al partito che presume di averne preso di più il posto, che è il Pd debitore con l’area di provenienza cattolica della promessa di una prossima tessera di iscrizione con l’immagine di un democristiano, dopo quella di Enrico Berlinguer. Non mi sembra francamente di vedere, al Nazareno e dintorni, uomini in qualche modo paragonabili davvero a Moro.

Pubblicato su Libero

Blog su WordPress.com.

Su ↑