Il bailamme della sinistra italiana è tale che vive con imbarazzo anche la pace avviata a Gaza e, più in generale, nel Medio Oriente perché intestatasi da due leader di destra che sono Donald Trump negli Stati Uniti e Benjamin Netanyahu in Israele, apprezzati peraltro in Italia dalla premier, anche lei di destra, Giorgia Meloni. Che è stata significativamemte invitata alla imminente cerimonia della firma di un accordo che ha fatto intanto cessare il fuoco e invertire le marce dei palestinesi: non più di fuga ma di ritorno alle loro case, o a quel poco che ne resta dopo due anni di guerra seguiti alla mattanza di ebrei compiuta dai terroristi di Hamas.
In questo bailamme, dicevo, della sinistra italiana mi è capitato di rivedere e risentire con sollievo in qualche salotto televisivo Walter Veltroni. Che fu il primo segretario del Pd, prodotto da una fusione “mal riuscita”, disse Massimo D’Alema, fra i resti comunisti e democristiani di sinistra, ma dovette dimettersi dopo un anno e mezzo. Formalmente, ha riconosciuto lui stesso parlandone con Peter Gomez, per una sconfitta regionale in Sardegna, in realtà per l’impossibilità avvertita di fare del Pd quello che aveva sognato: un partito, si diceva, a vocazione maggioritaria, ma prima ancora con una una fisionomia ragionevole e non rancorosa. Un partito del famoso “ma anche” che non fosse solo contro qualcuno – come erano stati il Pci prima e il Pds poi contro Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, e ora è contro Giorgia Meloni- ma anche per qualcosa. Preferibilmente di sinistra.
Vasto programma, avrebbe detto pure di questo la buonanima di Charles De Gaulle in una trasferta italiana. Anche con una segretaria giovane come Elly Schlein, che avrebbe potuto per la sua stessa età ed origini culturali sottrarsi alle pratiche del rancore e simili, della competizione con l’avversario e non solo della lotta spasmodica, a tutti i costi e in tutti i modi, il Pd vive solo nominalmente a sinistra. In realtà è in uno spazio indefinito, che deriva dalla scelta non di un programma o di un altro, ma dei compagni di strada, anche di quelli che perseguono solo rivincite personali. Alludo naturalmente all’ex presidente del Consiglio pentastellato Giuseppe Conte. Dice tutto, mi pare, il modo in cui Elly, come la chiamano i giornali nei titoli, guarda non il suo spasimante politico, diciamo così, ma il suo antagonista nel recinto pur largo, anch’esso nominalmente, della presunta alternativa al centrodestra.
Il Pd avrebbe bisogno più di un ritorno di Veltroni alla segreteria che d’altro. Un’ipotesi del terzo tipo, cioè marziana.